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Akira Kurosawa: 1950 - Scandalo - In tribunale

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E' finalmente, dopo tanti preparativi da una parte e dall'altra, il giorno della prima udienza.

L'attesa è ancora cresciuta, oltre a spettatori interessati e semplici curiosi ci sono anche tutti i mezzi di comunicazione, che non hanno voluto " bucare" l'evento.

Per ogni dove giornalisti, cronisti, fotografi, cineoperatori

E' evidente che non sarà un processo come tutti gli altri

 

 

 

 

 

 

 

 

Otokichi Hiruta probabilmente non ha mai avuto prima di allora l'occasione di andare veramente in tribunale come avvocato, e le sue informazioni non devono essere recentissime.

Ha rispolverato per l'occasione una tenuta formale che deve risalire al secolo precedente, che se scatena l'eccitazione dei già sovreccitati fotografi ha se non altro un pregio.

Quello di suscitare un momento di grande ilarità nel pubblico, quello virtuale del film e quello reale che sta davanti allo schermo.

Per quanto inveterato gaffeur, per una volta si rende conto che qualcosa non va, e durante le udienze successive indosserà abiti normali.

 

 

 

 

 

Il processo sarà per lui un supplizio.

Di fronte al banco dei querelanti è situato quello della controparte, ove siede Hori.

Il suo sguardo, rivolto pressoché costantemente in direzione di Hiruta, ha l'effetto di paralizzarlo e privarlo di ogni energia.


Sembra quello di un serpente che fissa la sua preda inerme.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Lo sguardo di Otokichi Hiruta non ha bisogno di alcun commento.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I testimoni sono chiaramente condizionati.

Vivono con superficialità l'insperato ed inaspettato momento in cui si trvoano sotto la luce dei riflettori.

Ripetono scioccamente i pettegolezzi che hanno sentito in giro, se non li hanno addirittura ripresi tali e quali dalle colonne di Amour.

Un avvocato scrupolos potrebbe metterli facilmente in difficoltà, ma Hiruta ammesso di averne avute le capacità, è in questo momento inutile a se stesso e al suo cliente

Il verdetto sembra già scontato in partenza: assoluzione piena per il periodico Amour e per il giornalsita.

 

 

 

 

 

Tra una udienza e l'altra Ichiro trova il tempo di visitare Masako, che è inquieta.


Da una parte le sue visite la riempiono di gioia.

Dall'altra avverte il rimorso per il cattivo comportamento del padre, che non trova alcuna giustificazione

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ichiro non cede al risentimento.

Per lui Otokichi Hiruta continua ad essere una persona degna di rispetto e di stima, nonostante tutto.

Non è cieco di fronte ai suoi errori, ma li deve considerare frutto della sua debolezza, non di una sua non ammissibile malvagità.

Masako accetta una sua carezza.

Non solo: stringe spasmodicamente la sua mano e non vuole lasciarla.

 

 

 

 

 

 

 

La madre di Masako sente che la forza vitale della figlia sta inesorabilmente esaurendosi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il processo continua.

Finalmente Hiruta ha avuto un colpo d'ala, si è riscosso dal suo torpore.

Perfino il giudice (Masao Shimizu) ha l'aria molto divertita quando ammette a deporre tre testimoni convocati da Hiruta.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sono i tre montanari che attorniavano petulanti Ichiro mentre tentava di trovare l'ispirazione nei maestosi picchi di fronte.

Hanno rivestito i loro abiti migliori, ma hanno portato con se le loro maniere: i loro tempi di reazione, il loro modo di fare, la loro mentalità.

Nessuna forza al mondo sarà capace di cambiarli.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La prima grana scoppia immediatamente quando - secondo la procedura - dovrebbero sottoporsi al giuramento di rito.

Si vuole forse insinuare che non sono uomini di parola?

Va reso merito alla loro splendida recitazione, 110 e lode per tutti e tre.

Ed abbraccio accademico per Kokuden Kodo, che si fa portavoce anche per gli altri.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Per quanto la testimonianza diventi ben presto collettiva, riuscendo inutile ogni tentativo di tenere a freno gli altri due quando intervengono, a proposito e - soprattutto - a sproposito.

Pittoresca quanto si vuole ma la testimonianza dei tre è concorde e inattacabile: Miyako giunse da sola al piazzale, dopo aver perso l'autobus, e non dimostrava in alcun modo di avere mai conosciuto prima Ichiro.

Solamente dopo qualche tempo questi, che si era prima offerto di tenerle i bagagli mentre lei proseguiva da sola, si lasciò commuovere e le offrì quel passaggio in motocicletta da cui sono nati poi tanti guai.

 

 

 

 

 

Il pubblico si rende conto che qualcosa potrebbe cambiare nel corso del processo.

Per la prima volta Hiruta è riuscito a piazzare un colpo, ed un colpo che non sembra concedere possibilità di replica.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La replica c'è.

L'elegante, impassibile, gelido avvocato Kataoka chiede la parola.

Se questa testimonianza era così importante, come mai solamente ora, praticamente alla fine del processo, viene presentata?

C' è qualche cosa che non quadra, e il rappresentante dei querelanti dovrebbe darne conto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Hiruta tace, impotente.

Hori sogghigna malignamente.

Il giudice ed il pubblico si chiedono - invano - cosa stia succedendo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Si attende ora l'ultima udienza, in cui è prevista l'emissione del verdetto.

Ichiro, Miyamo e Sumie sono nello studio di Ichiro, muti.

Pensano che non ci sia più nulla che possano fare o dire: la battaglia è persa.

Sumie al colmo della fustrazione non riesce a trattenersi dal rimproverare Ichiro: lei l'aveva messo in guardia, ma ha voluto andare avanti testardamente, facendone pagare le conseguenze anche alla povera Miyako.

 

 

 

 

 

 

 

Ichiro si alza, mette in moto la sua motocicletta, testimone inanimato di tutta la videnda, come sempre parcheggiata nel suo studio sopra al cavalletto.

Accelera ripetutamente il motore fino al massimo dei giri.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

In un ambiente chiuso il frastuono è assordante, e Sumie non resiste.

Ichiro spegne il motore e si scusa: aveva bisogno assoluto di uno sfogo.

Adesso si sente di nuovo in grado di nuovo di affrontare quello che sarà.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sicuramente però non è preparato a quanto segue.

Un rumore fa allarmare i tre, ancora una volta sembra che qualcuno stia entrando, quasi furtivamente, nello studio.

Ancora una volta è Otokichi Hiruta.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

O perlomeno la sua apparenza fisica.

Ha l'aria di una persona dentro cui non ci sia più nulla, di un simulacro vuoto.

Ed è così.

A stento riesce a tirare fuori quello che ha dentro, a dare la notizia che è venuto a portare.

Masako è morta.

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