Mostre
2018: Das gedrukte bild
Article Index
L'immagine stampata. Questo, tradotto, è il titolo della mostra di stampe giapponesi aperta fino al 30 settembre 2018 presso il Museum für Ostasiatische Kunst di Colonia. Dopo un lungo periodo di relativo silenzio in questo anno le mostre dedicate all'arte dell'ukiyo-e sembrano essersi improvvisamente moltiplicate, e la cosa non può che far piacere ma rende difficile una scelta. Contrariamente ad altre mostre, anche prestigiose e imperdibili, quesa esposizione non è itinerante: il museo ha attinto alle sue collezioni, iniziate nel lontano 1909 ma raramente esposte in precedenza.
Fondato nel 1909 e inaugurato ufficialmente nel 1913, il museo ha avuto vita travagliata. Distrutto dagli eventi bellici venne riaperto solamente nel 1977 in un nuovo edificio progettato da Kunio Maekawa imperniato su un interessante esempio di giardino ispirato alla tradizione giapponese, progettato questo da Masayuki Nagare.
E' situato nella zona dell'Università, al bordo di un piacevole laghetto ed è ricco di interessanti reperti ben esposti, tuttavia a rotazione in quanto lo spazio espositivo non è grandissimo.
L'estensore di queste note - spero che scuserete la digressione - avverte a ogni nuova visita al museo gli effetti del tempo che trascorre. La prima visita, nel 1983, offrì lo spunto per un articolo pubblicato sulla rivista Aikido, Anno XII n. 2. Una esperienza sfortunata: la tipografia pretese negativi e diapositive, che non tornarono mai indietro, e li pubblicò senza i necessari trattamenti rendendo le illustrazioni completamente illeggibili. L'originale a cui tenevo particolarmente, la statua in legno di un monaco in meditazione, venne addirittura tagliato sbadatamente e poi pubblicato tale e quale senza alcun tentativo di rimediare al disastro. Per fortuna l'avvento del digitale - che ha i suoi lati negativi - ha perlomeno relegato nei ricordi queste esperienze da incubo.
Allora arrivammo rapidamente e comodamente con l'automobile fino alle porte del museo, ma ogni successivo ritorno ha incontrato crescenti difficoltà. Al giorno d'oggi recarsi a Colonia in vettura è decisamente sconsigliabile, il treno quindi. Per un tragitto di 20 minuti, andata e ritorno il costo attuale a persona è di 22€ e ogni commento è superfluo: constatiamo non solo che tempus fugit, ma che per giunta fugge dove vuole; fermiamoci e fermiamolo, se possibile.
Ma è ora, finalmente, di iniziare a parlare dell'arte.
Per quanto non grande, rispettando il gusto minimalista e austero che ha sempre contraddistinto il Giappone, il museo dispone di spazio sufficiente e adattabile a vari tipi di esposizione, non si ha mai la sensazione che si sia lavorato al risparmio omettendo qualcosa.
La cospicua collezione di stampe giapponesi del museo, il cui nucleo è la raccolta effettuata a cavallo tra XIX e XX secolo dai fondatori, Adolf e Frieda Fischer, sostanzialmente non però è mai stata disponibile al pubblico in maniera ragionata.
Recentemente per fortuna è stata affidata l'opera di classificazione allo studioso Matthi Forrer e ne è nata la mostra di cui ci accingiamo a trattare.
Una mostra importante, e non manca naturalmente la triade dell'ukiyo-e: Utamaro, Hokusai e Hiroshige.
Ma sono presenti anche artisti che in nessun modo possono essere definiti minori, anche se meno noti al grande pubblico, tra cui alcuni che operando in periodi precedenti, e talvolta per brevi periodi, hanno tuttavia tracciato per primi la via che ha permesso poi a questi sommi maestri di divenire patrimonio riconosciuto dell'umanità
La seconda metà del XVIII secolo è infatti l'epoca in cui nasce l'effimero mondo fluttuante, destinato a scomparire con l'emanazione nel periodo Kansei (1790 circa) di severe leggi suntuarie.
Vi si dedicheranno i maggiori artisti della stampa, sia con opere singole, sia con serie tematiche, sia con album illustrati.
Da quel momento l'arte della stampa viene genericamente definita ukiyo-e: pittura del mondo fluttuante.
Si inizierà soltanto verso il termine di quell'effimero momento a utilizzare un maggior numero di colori e ad abbandonare progressivamente ma lentamente le tinte sobrie, non prive di fascino, che caratterizzano la produzione del primo periodo.
Non si creda però che queste evoluzioni siano casuali: ogni artista proveniva da un lungo tirocinio presso una scuola d'arte, e quando raggiungeva completa autonomia il suo nuovo nome era comunque sempre accompagnato da quello della scuola.
La più famosa, quella che vanta il maggior numero di adepti e che si ritiene abbia raggiunto il massimo livello, è quella di Utagawa.
Scelta come capitale dalla dinastia Tokugawa, Edo si trasforma in pochi decenni da minuscolo villaggio di pescatori a metropoli. La sua popolazione nel 1700 supera abbondantemente il milione di abitanti di cui quasi la metà sono samurai, al seguito dei feudatari; essi hanno infatti l'obbligo di risiedere periodicamente nella capitale e di lasciarvi in permanenza alcuni familiari, alloggiati in lussuose e costose dimore ma praticamente ostaggi dello shogun.
Queste misure hanno anche lo scopo di sottrarre risorse economiche ai feudi per mantenerli deboli e alla mercé del potere shogunale. L'imponente massa di denaro in circolazione a Edo stimola di conseguenza la produzione di generi di lusso.
Col tempo gli artisti, attingendo meno che in passato al mondo del piacere che è disapprovato dalle autorità, iniziano a rappresentare personaggi celebri (attori, sumotori...), continuano a rendere omaggio alla bellezza femminile, scoprono la bellezza del panorama naturale e di quello umano del Giappone.
Aumenta il numero di colori utilizzato, aumentano di conseguenza le matrici necessarie e i passaggi di stampa, aumentano inevitabilmente i prezzi. Ancora una volta il governo, nell'intento di pilotare le spese dei cittadini, interverrà; verrà limitato il numero di colori utilizzabili, fino a un massimo di quindici circa.
Utagawa Hiroshige (1797-1858) in stampe apparentemente semplici riesce a rendere palpabili numerosi aspetti della vita giapponese. La presenza umana è raramente assente dalla rappresentazione del panorama, ma è quasi incidentale. I resti di una riunione di amici per la contemplazione della luna hanno per fondale la visione della baia di Edo all'alba, il vero punto focale dell'opera. L'ombra di una donna di passaggio nella stanza accanto appare sul paravento a sinistra.
Sempre opera di Hiroshige: un gruppo di danzatori Sumiyoshi si esibisce a Nihonbashi.
Termina al ponte Nihonbashi il lungo cammino del Tokaidô che parte dalla capitale imperiale Kyoto.
Il quartiere porge quindi il benvenuto al viandante che si reca a Edo: è una strada commerciale, ricca di esercizi e di botteghe artigianali, brulicante di umanità.
La stampa fa parte della celeberrima serie 100 vedute di località celebri di Edo (Meisho Edo hyakkei).
La maturità può portare l'essere umano e le sue creazioni a livelli costantemente elevati. Spesso però ne arresta il progresso. Tocca il suo vertice o vi si mantiene vicino, ma può non essere in grado di progredire ulteriormente.
Al declino dell'ukiyo-e contribuiranno anche eventi storici, così come furono drammatici eventi del passato all'origine della sua nascita. Col tramonto dell'epoca Edo inizia anche un regresso nell'arte della stampa policroma: i grandi maestri che operarono a cavallo tra il XVIII e il XIX secolo rimarranno ineguagliati dalle generazioni successive.
Tuttavia non possiamo certamente parlare di scomparsa dell'arte dobbiamo anzi constatare che se le produzione non toccherà più i sommi livelli artistici del passato, la diffusione e l'apprezzamento che riscuote ormai anche fuori dal Giappone ne farà un patrimonio dell'umanità.
Se ne arricchiranno i musei e le collezioni di ogni parte del mondo e ne verranno ispirati grandissimi artisti ignari fino a quel momento di questo lascito della cultura nipponica.
Il crescente interesse da parte del pubblico straniero e il nascente bisogno interno di riscoperta e diffusione della memoria storica del Giappone causano negli artisti attivi in epoca Meij un certo manierismo.
La ricerca di effetti più vistosi, avvertibili anche dal pubblico meno preparato oltre che dagli stranieri, è evidente.
Venuta meno la censura statale aumenta il numero dei colori e i loro effetti sono più caricati. L'accresciuta padronanza dei mezzi tecnici non riesce però a celare un affievolirsi dello slancio artistico.
Tsukioka Yoshitoshi è considerato l'ultimo maestro dell'ukiyo-e.
La sua produzione attinge ispirazione sia dal passato, raffigurando grandi guerrieri o celebri episodi come in 100 aspetti della battaglia, - serie cui appartiene la stampa riprodotta a lato - sia dalle drammatiche vicende contemporanee.
Numerose sue opere sono dedicate alle cruente vicende della guerra civile dell'epoca Meiji, altre - e numerose - dei suoi epigoni rappresenteranno le guerre esterne, in primis quella contro la Cina e poi quella contro la Russia. In queste opere vengono esasperati i toni e si cadendo visibilmente nella retorica.
Errore in cui non cadde Yoshitoshi, anche se va riconosciuto che la sue fedeli rappresentazioni della realtà sono inferiori alle sfumate allusioni con cui nel passsato non solo i sommi maestri ma anche gli artisti di media levatura - non diciamo i mestieranti - riuscivano a esprimere qualcosa in più e di più elevato.
La mostra di Colonia è senzaltro ben allestita. Non carica eccessivamente i toni sui grandi maestri presenti ovunque venga proposta una esposizione (naturalmente le loro opere non mancano nemmeno qui) ma opera una intelligente selezione che permette di seguire e comprendere meglio il percorso dell'ukiyo-e. Delle sue scuole e dei suoi artisti.
Permette infatti soprattutto di comprendere che l'artista nasce - o muore - quando la società crea le condizioni per la sua nascita o la sua morte, o è causa della sua mancata comparsa sulla scena.
Sono molti in quei due secoli scarsi gli artisti che attraverso l'ukiyo-e hanno saputo darci qualcosa di unico, di irripetibile, di bello. E senza mai gridarlo, senza mai ostentarlo.
E' bene dare loro tutto lo spazio dovuto, e richiamarli tutti alla nostra attenzione.
Certo, i sommi maestri sembrano non limitarsi a puntare imperiosamente il dito verso la bellezza, verso l'armonia, verso la serenità.
Sembra che siano capaci di crearla dal nulla, o perlomeno di trovarla dove nessuno pensa che si possano annidare. Creano per noi oasi di armonia.
E' veramente triste che queste opere siano rimaste praticamente inaccessibili per otre un secolo.
Ma dobbiamo sicuramente ringraziare l'Ostasiatische Museum per averle diligentemente conservate lungo il trascorrere di questo lungo periodo, sottraendole anche alle distruzioni della guerra.
Chiedendo e ottenendo il supporto di altre istituzioni il museo ha potuto anche rendere conto al visitatore. sia pure per sommi capi. del lungo e complesso processo di produzione delle stampe policrome, che coinvolgeva oltre all'artista numerosi eccellenti artigiani, dotati della indispensabile sensibilità per assecondare pienamente la sua ricerca espressiva.
Qui vediamo una delle molte matrici in legno, una per ogni colore, necessarie per la produzione di una stampa policroma.
Si tratta di ua serie dedicata da Utagawa Kunisada (1786-1865) al Genji Monogatari, la prima opera letteraria del Giappone, in cui si narra l'epopea del principe splendente Hikaru Genji. Il poema venne composto dala nobildonna Murakami Shikibu nel XI secolo.
Oltre ai numerosi attrezzi utilizzati per l'incisione del legno, erano mostrati anche quelli, ancora più numerosi, necessari alla preparazione dei colori e per il loro trasferimento poi prima sulla matrice e poi sul foglio di stampa.
Sono molto numerosi ma anche molto semplici: la mano dell'artigiano fa premio su tutto.
Il sapiente dosaggio dei colori, le loro sovrapposizioni, la sensibilità delle mani dell'artigiano incaricato di pressare il foglio sulla matrice, permettevano di ottenere differenti sfumature della stessa opera. O addirittura di prepararne versioni completamente differenti, una per esempio con i colori del cielo al tramonto e un'altra con i colori dell'alba o del giorno pieno.
Vediamo qui infatti due differenti versioni di una delle stampe più note del grande Hiroshige.
Ma chudiamo la rassegna di questa bella e raccomandabile mostra con una curiosità.
L'interesse verso il Giappone, di cui a fine 800 si aprirono improvvisamente le porte dopo secoli di isolamento, era accompagnato da un interesse speculare dei giapponesi verso il mondo occidentale, a loro totalmente sconosciuto.
Questa stampa per la verità è precedente: risale al 1800 circa e proviene con certezza dagli scambi commerciali e culturali con l'unica entità straniera ammessa in Giappone, la missione commerciale olandese a Deshima.
Rappresenta infatti con una certa verosimiglianza il Foro romano per quanto sia incongrua la presenza del Colosseo; ma è un errore probabilmente già presente nell'originale che ha ispirato questa veduta. Le immagini di paesi lontani hanno sempre avuto molto successo e non si esitava - ovunque - ad affidarne la produzione a chi non aveva mai viaggiato.
La dicitura della stampa riporta per giunta Tempio di Furansuka in Olanda.