Mostre
2018: Hiroshige. Ancora lui.
A volte passano anni e anni prima di poter tornare ad ammirare gli immortali capolavori dell'arte giapponese, in altri periodi l'offerta è ricca, e a volte addirittura talmente ricca da rischiare lo sconcerto del pubblico. Si è infatti da poco chiusa la mostra di Hokusai all'Ara Pacis di Roma, e già abbiamo una nuova mostra dedicata a Hiroshige alle Scuderie del Quirinale, sempre in Roma. Quale visitare? Ma tutte e due perbacco: è una occasione non diciamo unica ma perlomeno rara di poter confrontare il ricordo ancora fresco delle opere di un sommo maestro con quelle di un emulo della generazione successiva, considerato allo stesso livello.
La mostra Hiroshige. Visioni dal Giappone è visitabile come detto presso le Scuderie del Quirinale in Roma. Ha aperto i battenti il 1. marzo 2018 e li chiuderà il 29 luglio. Rimandiamo per le note biografiche all'articolo dedicato al maestro su questo sito, per entrare qui, piuttosto, nel vivo dell'argomento.
La produzione degli artisti che si dedicarono all'ukiyo-e è imponente, non tanto per la facilità di riproduzione delle stampe, quanto proprio per la mentalità con cui l'artista nipponico affronta la sua arte: accettando lunghi periodi di apprendistato e anche lunghe sessioni di preparazione e di lavoro vero e proprio, ma affidando le sorti della propria arte più alla spontaneità che alla riflessione.
Conoscere l'intera produzione di Hiroshige, o perlomeno le opere considerate principali è quindi arduo, per la semplice ragione che si calcola ne abbia prodotte circa ottomila (scriviamo in lettere per evitare ogni equivoco).
Ed è ancora se non niente perlomeno non il massimo di fronte alle trentamila di Hokusai. Va quindi colta ogni possibile occasione: ammirare qualche opera mai affrontata prima, o anche rivedere quelle già note con occhi nuovi.
Perché se gli occhi appartengono sempre alla stessa persona difficilmente ognuno di noi rimane esattamente lo stesso nel percorso della vita, soggetto alle medesime sensazioni.
Le opere esposte in questa mostra sono circa 230, e costituiscono una selezione interessante ed esaustiva della produzione di Hiroshige, suscitando il giusto desiderio di vederne ancora.
E il pensiero corre ai sommi artisti nostrani: non è certamente immaginabile di poter vedere riunite nella stessa mostra o nello stesso museo centinaia di opere di Leonardo o di Raffaello... Ma questi grandi certamente lo sapevano ancor meglio di noi, e hanno saputo, voluto, concentrare la loro maestria in sommi capolavori non ripetibili serialmente.
E partiamo ora per la nostra visita virtuale, il nostro viaggio virtuale in queste visioni dal Giappone. Giustamente non si è puntato tanto sul numero delle opere, si è cercato piuttosto di fornire al pubblico una selezione significativa dei maggiori generi artistici in cui si è cimentato, a volte con piglio innovatore e rivoluzionario, il maestro.
Ci aiuta a renderne conto al lettore il particolare di una delle sue opere più famose e ammirate. Ma considerata a volte un po' frivola, uno scivolare del maestro su temi un po' ordinari: il ritratto di un gatto ozioso. Non è così: il titolo dell'opera è in realtà Le risaie di Asakusa e il festival di Torinomachi.
Solo osservandola con attenzione, superando l'impressione del primo impatto, ci rendiamo conto che quanto rappresentato in primo piano, con un asciugamano provocatoriamente abbandonato sul davanzale della finestra (chiunque di noi dovendo fotograre uno scenario simile si affretterebbe a toglierlo) non è il tema dell'opera. Solo guardando e riguardando ci rendiamo conto della lunga teoria di figure indistinte che percorre ritualmente il pianoro della risaia, portando stendardi e gonfaloni, a celebrare una festività dell'autunno.
Perché l'opera fa parte in effetti della serie che illustra il trascorrere dell'anno, è quella dedicata all'undicesimo mese. Eppure vive di vita autonoma, trascende la tematica e non si cura di renderla evidente, obbligando l'osservatore a maggiore attenzione. Verso l'opera ma anche verso sé stesso, verso le proprie capacità di percezione.
Sullo sfondo, facilmente inosservato, eppure clamorosamente evidente per le tonalità accese che contrastano con quelle tenui che quasi celano il soggetto principale, il monte Fuji nobilitato da un volo di uccelli.
Destano profonda emozione gli schizzi preparatori del lungo processo di preparazione delle stampe, che coinvolgeva come sappiamo numerosi artigiani diretti dal maestro, muta, silenziosa e sconosciuta orchestra.
Qui vediamo lo schizzo nato dalla mano e dalla mente di Hiroshige da cui nacque poi la stampa della serie Le cento vedute di Edo intitolata Il santuario di Hachiman a Fukagawa, datata al quarto mese del 1854.
E' singolare notare come questa idilliaca stampa contrasti con il sofferto contesto storico.
Nel pieno delle impervie trattative con la flotta da guerra statunitense che aveva violato l'isolamento del Giappone (il secondo sbarco dell'ammiraglio Perry risale al febbraio di quell'anno), alle soglie degli spaventosi terremoti del novembre e dicembre che causarono circa 80.000 vittime, Hiroshige ci rende testimonianza di un mondo che sta per scomparire.
Ma lasciando tracce indelebili sia nell'animo del popolo giapponese sia in quello di noi occidentali. Costretti a fare numerosi passi indietro per fermare la nostra attenzione e il nostro pensiero su quella civiltà.
E' noto anche a molti profani che Hiroshige è conosciuto come l'artista dei paesaggi. Ma anche qui, e ce lo svela questo particolare di un'opera risalente al periodo della maturità, si ritiene elaborata tra il 1844 e il 1847, le tematiche trattate sono molteplici.
La serie in cui venne pubblicata si intitola Luoghi celebri di neve, luna e fiori. La stampa invece Pesca dell'ayu nel fiume Tama sotto la luna autunnale. E' presente quindi ancora una volta il tema del ciclo delle stagioni, è presente l'attività dell'uomo che si inserisce nel contesto della natura ma senza turbarla.
Che ci sia la luna risalta immediatamente all'occhio dell'osservatore, per quanto sia in secondo piano. Che ci sia la neve richiede già maggiore capacità di osservazione.
Non ci sono i fiori.
C'è forse il loro ricordo, siamo in autunno, e c'è il presagio del loro ritorno. Anche se non appaiono fiori, quello è a pieno diritto un luogo celebre. E' destinato a fiorire.
E' insomma un immenso piacere percorrere la via abbandonandosi fiduciosi alla guida del maestro Hiroshige della scuola Utagawa.
E abbiate fiducia, i meravigliosi panorami ove lui ci porta non sono perduti e non sono immaginari: sono dentro di noi.
Hiroshige ci aiuta a scoprirli.
L'opera a fianco rappresenta la stazione numero 26 della via del Tokai: il passo del monte Saya a Nissaka, nella serie Hoeido.
Va ricordato infatti che Utagawa Hiroshige ha dedicato diverse serie al Tokaido.