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2016-17: Ukiyo-e
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Intitolata semplicemente e forse un po' riduttivamente Ukiyo-e, questa mostra tenuta a Bruxelles tra l'ottobre 2016 e il febbraio 2017 è stata tuttavia probabilmente la più importante mostra europea degli ultimi anni. Nei depositi dei Musées Royaux sono conservate circa 7000 stampe, e questo ha permesso di allestire una esposizione che non rendesse conto solamente delle opere di uno o più dei sommi maestri, Utamaro, Hokusai o Hiroshige, ma di mostrare il panorama completo di un fenomeno culturale che si è articolato attraverso i secoli e ha permesso di esprimersi a centinaia, forse migliaia, di artisti.
E' con dispiacere che ne diamo conto praticamente nell'ultimo giorno utile della mostra, inizialmente programmata fino al 12 febbraio 2017 come potete vedere dall'originale mezzo utilizzato per la comunicazione, una automobile che riportava sulla carrozzeria il logo della mostra (la notissima onda di Hokusai) e prolungata per i soli fine settimana fino al 25 febbraio 2017. Ma la complessità della stessa mostra lo ha reso inevitabile. La quantità di materiale esposto era tale che si è dovuto ricorrere a una rotazione, con metà delle opere visibili dalla inaugurazione fino alle soglie del natale 2016 e le altre da quella data fino alla chiusura, e questa seconda parte abbiamo potuta visitare non prima del . Anche per preservarle dal deterioramento esponendole alla luce per il minor tempo possibile, sarebbero stati troppi per le delicate opere esposte gli oltre tre mesi in cui la mostra è rimasta aperta al pubblico.
La mostra era allestita presso il Musée du Cinquantenaire, un grande complesso che sorge nel parco dedicato al giubileo dell'indipendenza del Belgio, non lontano dal quartiere che ospita le istituzioni europee (Commissione, Consiglio e Parlamento). Il ricco catalogo, di oltre 300 pagine, ci aiuterà nell'esposizione, che come potete immaginare richiederà tempo per essere completata: abbiate pazienza.
Come intuibile dalla immagine a lato, in prossimità dell''ingresso era allestita una saletta in cui veniva proiettato un filmato che illustrava le procedure seguite per la produzione delle stampe ukiyo-e.
Nella prima sala della esposizione vera e propria erano esposti gli attrezzi necessari per l'incisione delle matrici in legno, una per ogni colore, e per le procedure di stampa che venivano ovviamente ripetute per lo stesso numero di volte utilizzando in successione i colori necessari.
Si trattava come è facile immaginare di diverse serie di scalpelli e sgorbie per l'incisione nonché di pennelli e tamponi per la stesura degli strati di colore sulla matrice e il loro successivo trasferimento sui fogli di carta.
Nella stessa sala, protetto da una lunga interminabile teca di vetro, erano assemblati in una rilegatura a ventaglio di stile giapponese i diversi passaggi necessari per produrre una stampa.
Nell'articolo dedicato alla mostra delle opere di Hiroshige, che si è tenuta a Roma nel 2009, potrete anche vedere alla pagina 9 alcuni esempi della procedura di stampa di una delle opere più note in assoluto, sia agli intenditori che al grande pubblico: Il giardino dei susini di Kameido, in Edo.
Qui accanto un esempio: a destra (i libri giapponesi vengono sfogliati aprendoli verso destra, al contrario dei nostri) il passaggio precedente.
In quello successivo verrà aggiunto il colore del cielo, che vediamo nel foglio al centro.
Nella pagina di sinistra l'effetto di questo passaggio.
Nel seguito di questo articolo illustreremo le opere esposte, ma non sarà cosa brevissima. Come già detto l'esposizione non era dedicata a un singolo artista o ad una sola scuola, ma intendeva proporre un panorama completo del plurisecolare fenomeno dell'ukiyo-e.
Le collezioni raccolte nei Musei Reali del Belgio risalgono per una parte importante al XIX secolo: così riporta infatti il periodico L'art Moderne nel numero del 13 gennaio 1889:
Le Gouvernement s'est décidé à faire l'acquisition de quelques planches de choix et, à l'exemple de Londres, de Paris, de la Haye, de Leyde et de Berlin, (est-il d'autres villes qui en possèdent ?), Bruxelles aura son Musée japonais. Bravo ! Et encore bravo !
Per la verità alcuni dei complimenti erano prematuri, Bruxelles non dispone ancora ed è passato più di un secolo di un vero e proprio museo giapponese, non potendo considerarsi tale per tante ragioni la Tour Japonaise, ma le acquisizioni non si sono fermate al gennaio 1889 e i reperti acquisiti, anche se non sempre esposti al pubblico, sono divenuti col tempo sempre di più e veramente importanti.
Ci aiuterà nella nostra esposizione il catalogo della mostra: consta di oltre 300 pagine, e senza questo supporto non sarebbe veramente possibile citare - e a memoria - se non tutto quanto esposto perlomeno le opere dei maggiori artisti e delle maggiori scuole, nonché quelle che per una ragione o per l'altra, hanno colpito l'osservatore.
A cura di Nathalie Vanderperre
Ukiyo-e
Le plus belles estampes japonaises des Musées royaux d'Art et d'Histoire (Bruxelles)
Gand, Editions Snoeck, 2016
Sulla copertina del catalogo:
Suzuki Haronobu (1725?-1770)
Pesca di medaka
Stampa di misura chuban (circa 20x27)
I medaka, definiti anche pesci del riso, sono minuscoli pesci di acqua dolce che è frequente trovare nelle risaie allagate.
Alla fine del lungo e sanguinoso periodo di guerre civili conosciuto come Sengoku Jidai il condottiero Yeyasu Tokugawa agli albori del XVII secolo conquista il potere dando inizio alla omonima dinastia, che verrà spazzata via secoli dopo solamente dall'intervento delle potenze straniere. Come da tradizione millenaria stabilisce la sua residenza in una nuova capitale, che sarà il centro del potere e che darà nome a una nuova epoca: il periodo di Edo (che è l'attuale Tokyo).
Tra i sistemi adottati dal nuovo regime per evitare il ripetersi di interminabili conflitti per il potere vi fu un complicato sistema di turni di residenza a Edo cui erano obbligati ogni 3 anni i feudatari (sankin kotai). Erano regolati da ferrei protocolli di etichetta che li obbligavano a lunghe trasferte con numeroso seguito sfarzosamente equipaggiato e all'allestimento di lussuose residenze a Edo, dove dovevano soggiornare in permanenza alcuni familiari e l'erede, che erano in realtà veri e propri pratica ostaggi. Il tutto aveva lo scopo di sottrarre risorse economiche ai feudi per evitare che si rinforzassero militarmente nonché di privarli periodicamente dei loro capi e dei rispettivi consiglieri.
Nella stampa a lato, opera di Hiroshige ed esposta nella mostra Il maestro della natura tenuta a Roma nel 2009, la testa della sontuosa processione di un daimyo sta attraversando il ponte Nihonbashi di Tokyo. Proviene dalla serie Le 53 stazioni del Tokaido. Il Tokaido è la via litoranea che collega la capitale shogunale Edo con quella imperiale Kyoto quindi possiamo presumere che si tratti proprio di uno di quegli spostamenti programmati istituiti due secoli avanti.
Uno degli effetti, inevitabile, di questa usanza fu quello di attirare importanti investimenti a Edo, dando di conseguenze origine a un fiorire di attività artistiche e culturali che portò in seguito a farlo definire e considerare un periodo d'oro. Anche l'arte della stampa, pur conosciuta da secoli, fiorisce se non addirittura esplode in epoca Edo. In particolare diventa in questo periodo policroma, avviando quel processo di evoluzione tecnica che permetterà infine la nascita dei capolavori di Utamaro, Hokusai, Hiroshige ma anche di infinite opere forse meno conosciute ma non per questo meno apprezzabili.
La mostra Ukiyo-e piuttosto che indirizzare l'attenzione del pubblico sui "soliti" grandi nomi (non che per questo mancassero) intendeva dare conto della nascita, della crescita e della maturazione di questo importantissimo fenomeno culturale. Credo si possa concordare che l'obiettivo è stato raggiunto, e che non sarebbe stato possibile se non ci fosse stata a disposizione una tale quantità di opere - e di tale qualità - o se si fosse scelto di ridurre il numero delle opere esposte rinunciando alla loro rotazione.
Certamente, occorrevano almeno due visite per poter dire di avere veramente visitato la mostra, ma forse anche di più: oltre una certa soglia l'essere umano non è in grado di spingersi, anche una sola delle due sezioni della mostra avrebbe richiesto a parere dello scrivente più di un giorno per essere apprezzata appieno. Per comprendere importanti fenomeni culturali occorrono importanti investimenti da parte dell'osservatore.
Inizialmente, malgrado la impressionante fioritura di attività artistiche in Edo, le stampe d'artista non conoscono innovazioni tecniche a parte l'introduzione del colore. Nelle stampe dei maestri che si affermano allora, come Moronobu, Sukenobu, Hanbei e altri ancora, i colori - non più di tre o quattro - vengono aggiunti a mano dopo la tiratura.
L'interesse di questa generazione di artisti e delle successive viene attirato dal mondo effimero dei piaceri, non necessariamente volgari, che sorge inevitabilmente ovunque ci siano larghe disponibilità economiche e il desiderio o bisogno di metterle in mostra, una certa disponibilità di tempo libero e forse non ultimo il desiderio altrettanto imperioso di dimenticare gli impegni a volte importanti e gravosi della vita quotidiana avvicinandosi al mondo dell'arte. Inteso non solamente come contemplazione o acquisto di manufatti artistici ma anche come arte della ricerca del momento piacevole, anche se effimero.
E' così che nel quartiere di Yoshiwara nascono e prosperano teatri e case da the, piaceri non necessariamente effimeri in quanto possono avere effetti indelebili sull'animo umano ma comunque considerati effimeri, fluttuanti e preda delle correnti. Ed è questo mondo apparentemente frivoloche lega il suo nome all'ukiyo-e, la raffigurazione (e) del mondo fluttuante. E paradossalmente proprio questa cultura effimera sopravvivirà per sempre, attraverso le opere e le rappresentazioni di grandi artisti.
E' solamente nel secolo successivo che Suzuki Haronobu (incerta la data di nascita, scomparve nel 1770) introduce la novità destinata a sconvolgere, ma in meglio, il mondo delle stampe nipponiche: la colorazione già durante la fase di stampa, stendendo differenti strati di colore su altrettante matrici di legno, su cui viene passato ripetutamente lo stesso foglio fino a ottenere l'immagine voluta dal suo creatore. Inizalmente limitata anchessa a pochi colori questa procedura col passare del tempo arriva a utilizzarne sempre di più, finché rigorose leggi suntuarie ne limitano il numero, indicativamente intorno alla dozzina. Limitando così i mezzi tecnici a disposizione degli artisti ma forse proprio per questo stimolando il loro estro e il loro senso di orgoglio, che li porta a superare ogni vincolo materiale producendo capolavori assoluti. Ed è in effetti da Haronobu in poi che si articolava la mostra Ukiyo-e.
Nella immagine a lato alcuni pigmenti colorati, attrezzi utilizzati per applicarli alle matrici, esempi degli effetti che è possibile ricercare con l'utilizzo di diverse pigmentazioni, alcune delle quali estremamente costose in quanto ricorrevano a materiali nobili o altri materiali rari e dispendiosi.
Si comprende allora come mai i governi dell'epoca scoraggiassero gli investimenti in opere considerate voluttuarie, essendo come tutti i governi - di ogni epoca e tendenza - tesi a indirizzare la spesa verso settori considerati più produttivi o comunque più funzionali agli obiettivi governativi.
In questa stampa, firmata Haronobu ga e che si stima sia stata eseguita negli ultimi anni di vita dell'artista, viene raffigurato un elefante bianco con cui stanno giocando alcuni bambini in abbigliamento sino coreano.
Vi possiamo notare come Haronobu riesca a dare all'osservatore un effetto ottico simile a quello del tessuto broccato (nishiki), in cui vengono utilizzati filamenti di diverso materiale per generare effetti cromatici e dar loro rilievo.
Qui utilizza anche una tecnica particolare nella resa dell'elefante, ottenuta stendendo sulla matrice non pigmenti colorati ma della colla ad acqua incolore, che ammorbidendo il foglio di stampa permette mediante la pressione, esercitata talvolta col gomito per dargli maggior vigore, di deformarlo e dargli un effetto di ulteriore rilievo.
Ci troviamo quindi di fronte a diverse denominazioni della stessa arte: ukiyo-e riferendosi alle tematiche trattate, nishiki-e riferendosi sia all'effetto ottico che alla procedura utilizzata.
Ma ve ne sono altre ancora.
L'ukiyo-e nasce o piuttosto si trasforma e si evolve a rappresentazione di un mondo fluttuante solo apparentemente spensierato e senza domani, scomparso come abbiamo già detto da secoli ma come inevitabilmente scompare ogni manifestazione dell'animo umano. Mondo destinato a essere sostituito da altri mondi non necessariamente migliori ma anche a rimanere nel ricordo perenne dei posteri, attraverso l'arte della stampa policroma. Che rivolge ben presto il suo interesse - traendone fonti di ispirazione - anche verso altre tematiche.
Uno dei temi maggiormente trattati, e da tutti i maggiori artisti, è apparentemente effimero e volatile anchesso: la bellezza femminile. Effimero non solamente perché mutano i gusti e le tendenze e tende a mutare la percezione del bello, ma anche perché un certo tipo di bellezza appartiene solamente ad una stagione della vita della donna, essendo destinato a mutare e apparentemente, solo apparentemente, a sfiorire con l'età. Tuttavia la rappresentazione del bello è antica quanto l'umanità stessa, e ci ha saputo restituire modelli ideali che hanno sfidato i millenni e sono stati riconosciuti come tali da ogni cultura, superando così anche ogni tenue sospetto di caducità.
Nella immagine a lato vediamo infatti, dagli orti mecenaziani in Roma, attualmente presso il museo della ex Centrale Montemartini, una copia romana da originale greco della raffigurazione classica della musa Polimnia, figlia di Zeus, che sovrintendeva all'arte della danza sacra ed eroica. Viene usualmente immaginata come una giovane donna dall'abbigliamento severo, in atteggiamento pensoso e sereno.
Molti artisti della nascente epoca Edo si dedicano al bijinga, l'omaggio alla bellezza femminile. Non si deve però pensare a una netta separazione dei generi oppure a bruschi passaggi tra un periodo artistico e il successivo.
Questa stampa di .Okumura Masanobu (1686-1764) intitolata Le 4 dormienti di una casa chiusa (la quarta è una gatta), ancora monocroma, appartiene indiscutibilmente al genere ukiyo-e e abbiamo ogni motivo di pensare che si sia ispirata a una visita se non alla frequentazione costante del quartiere proibito di Yoshiwara.
Si evolve naturalmente e senza alcun distacco dalla pura appartenenza al genere ukiyo per darci quella che è forse una anteprima del bijinga.
Successivamente l'ideale della bellezza femminile presta meno attenzione all'ambiente in cui è avvenuto di osservarlo e si concentra piuttosto sulla naturale grazia degli atteggiamenti e delle espressioni.
Anche e forse soprattutto nei gesti della vita quotidiana, spesso e sempre più spesso associando la bellezza muliebre alla bellezza della natura, nei molteplici aspetti che vengono offerti dall'alternanza delle stagioni.
Ishikawa Toyonobu (1711-1785) in questa stampa (particolare) a 3 colori, tecnica definita benizuri-e ossia immagine stampata in rosa - porta fino a noi il ricordo di una fanciulla intenta a una danza solitaria con ventaglio. Il suo kimono è decorato con motivi floreali presumibilmente stagionali .
RIcordiamo che il nome d'arte si accompagna nell'uso giapponese a quello della scuola, sappiamo quindi di trovarci di fronte a un'opera di Toyonobu della scuola Ishikawa. Ma anche nel nome proprio c'è una traccia del percorso artistico.
Al termine del lungo tirocinio l'allievo riceve l'autorizzazione a firmare le sue opere, e il nuovo nome che gli viene attribuito viene composto conservando parte del nome del suo maestro.
Sappiamo così che Hiro-shige (広重) fu discepolo di Toyo-hiro (豊広), a sua volta maturato sotto l'insegnamento di Toyo-haru (豊春).
Il maestro indiscusso del genere bijinga è Kitagawa Utamaro (1753-1806), artista poliedrico e dalla vita movimentata e tormentata, che viene spesso anche definito il pittore delle donne.
Questa stampa del tipo okubi-e (ritratto in primo piano) risalente al 1790 circa venne commissionata all'artista dall'editore Tsutuya Juzaburo.
La giovane, raffigurata in una posa di servizio, sta maneggiando il piattino che viene posto sotto la tazza di the.
E' una bellezza riconosciuta e conclamata del quartiere di Yoshiwara ove gestiva appunto una casa da the: Kikumoto Ohan.
Utamaro affina col tempo la sua arte, arrivando così a proporre un modello in cui convivono differenti concetti che potevano sembrare prima di lui inconciliabili.
La bellezza muliebre si affina, si sublima, fino a divenire un modello ideale, quasi astratto, eppure sorprendentemente reale, non semplicemente realistico.
Il personale esile delle sue donne sembra distaccarsi dalle miserie terrene e tendere al cielo, portandoci con sé.
La stampa è intitolata L'ora del gallo ed appartiene alla serie Le dodici ore delle case verdi.
Meriterebbe molto di più di un semplice accenno l'arte dello shunga, rappresentazioni erotiche cui ogni artista nipponico si è dedicato, ad eccezione di Hiroshige.
Pur riproducendo spesso situazioni estremamente realistiche, costituendo quindi il bersaglio favorito della censura delle autorità, bersaglio rimasto però sempre inafferrabile nel corso dei secoli, l'arte dello shunga in realtà pur non rifiutando la rappresentazione dell'atto sessuale, pur sembrando anzi indulgervi a volte con un eccesso di enfasi, punta soprattutto a rendere immortale l'estasi dell'animo che nasce dall'unione, anche carnale, di due esseri umani.
Keisai Eisen (1790-1848). Il titolo, Visita per ammirare la fioritura, (la fioritura dei ciliegi - hanami - è uno dei maggiori avvenimenti che scandiscono la vita dei giapponesi) allude già all'ìimperiosità dell'attrazione tra uomo e donna, che può travolgere ogni convenzione e ogni formalità, cogliere ogni occasione anche la più apparentemente innocua.
Viene riportato solamente un particolare della stampa, rinunciando ma con rammarico a riprodurla integralmente.