Tecnica e storia
Yakiire: la nascita di una spada
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In un freddo pomeriggio del novembre 2006, per l'esattezza il giorno 4, quarantesimo anniversario della disastrosa alluvione che sommerse nel fango Firenze e gran parte del suo patrimonio artistico, l'antico palazzo del Bargello, accanto a piazza della Signoria, ospita la dimostrazione di forgia della spada giapponese tenuta dal maestro Yoshindo Yoshihara, organizzata dalla associazione italiana dei cultori del nihonto, la INTK, avviata da anni in un cammino di crescita culturale cui senzaltro questo genere di iniziative darà un valido supporto. Il giorno seguente la sala conferenze del Bargello ospitava una serie di seminari sul tema della spada giapponese, con qualificati interventi di vari relatori.
Yoshindo Yoshihara appartiene assieme al fratello Shoji alla terza generazione di spadai della famiglia, che era comunque attiva da altre 10 generazioni nel campo della forgiatura. Si firma Kokaji Yoshindo (Yoshindo il fabbro) mentre Shoji si firma Kuniie come suo nonno, il primo spadaio della dinastia, che seguì gli insegnamenti di Kurihara Hikosaburo Akihide, fondatore dell'istituto Nihonto Tanren Denshujo (Istituto per la Forgiatura della Spada Giapponese).
Avendo inizialmente seguito lo stile di Soshu che avevano appreso dal nonno, in seguito gli Yoshihara furono consigliati da autorevoli esperti di apprendere e seguire lo stile di Bizen, che avrebbe dato fondazioni solide alla loro arte permettendo in seguito di esplorare anche gli altri 4 stili del Gokaden (Soshu, già nominato, Yamashiro, Yamato e Mino).
Nel 1983 i due fratelli vennero riconosciuti mukansa (al di sopra del giudizio) e da allora non solo hanno continuato incessantemente il loro studio ma hanno anche formato numerosi nuovi spadai. Nella presentazione annuale (Shinsaku Meitoten) tenuta a Tokyo nel 2006 sono state classificate 18 lame opera di mukansa, di cui una di Yoshindo, una di suo figlio Yoshikazu, una di Kuniee e una di Ono Yoshimitsu, allievo di Yoshindo. Due lame erano opera dei Ningen Kokuho (o Juyo Mukei Bunkazai, Tesoro Nazionale Vivente) Amada Akitsugu e Osumi Toshihira. Nel 2004 Yoshindo è stato nominato Tokyo To Mukei Bunkazai, cioè Tesoro Culturale Vivente di Tokyo.
Fin dal 1980 Yoshindo e Shoji hanno accettato di viaggiare per il mondo per diffondere la conoscenza dell’arte giapponese della spada, appoggiandosi alla Artistic Blacksmithing Society che ha sede in California e col valido contributo del togishi (pulitore di spade) Leon Kapp con cui hanno preparato alcune pubblicazioni che fanno testo nel campo.
Dopo aver presentato per la prima volta in Italia a Torino la sua arte, Yoshindo vi è ritornato nel novembre 2006 per una dimostrazione di tempra della lama che si è tenuta a Firenze presso il Museo del Bargello, organizzata dalla INTK, l’associazione italiana di cultori della spada giapponese sorta negli anni 90 anche grazie all’opera di sostegno ed incoraggiamento del maestro di aikido Hideki Hosokawa.
La dimostrazione di Yoshindo Yoshihara non ha potuto ovviamente mostrare l’intero ciclo di preparazione della lama, che dura diversi giorni; si parte dal materiale grezzo (tamahagane), trasformato in barre di acciaio (watetsu) in fornaci tradizionali chiamate tatara, il cui uso è stato reintrodotto dal governo giapponese nel 1977, essendosi dimostrato di qualità inferiore ogni tipo di acciaio industriale.
Ogni barra viene instancabilmente lavorata a caldo ripiegandola più volte a formare più barre multistrato di differenti caratteristiche.
Nella procedura hon sanmai barre di tre tenori diversi vengono affiancate per comporre la lama, composta da un nucleo più duro l'hagane, che formerà il tagliente, cui si sovrappoone una barra più duttile, lo shingane.
Due barre di protezione di tenore intermedio, kawagane, proteggono i lati della lama; la nuova barra composita viene lavorata a lungo sia a caldo che a freddo, nella fase di sgrezzatura chiamata sunobe. Gli verrà conferita poi la forma definitiva nella fase hizukuri.
Inizia a questo punto la fase cruciale della nascita della nuova lama, la tempra o yakiire. Dopo una prima ripulitura l’artista ne riveste con argilla refrattaria di diversa consistenza e diverso spessore il tagliente, i lati ed il dorso
Attende poi la notte, per non risentire l'influenza di luci esterne, oltretutto sempre variabili, e per trovarsi in una condizione in cui le percezioni sensoriali sono esaltate; quindi riscalda la lama alla forgia fino alla temperatura da lui considerata opportuna, assumendo come criterio di giudizio il colore dell'acciaio, che normalmente deve essere tra il rosso e l'arancio; lo tempra allora rapidamente mediante l'immersione in un recipiente colmo di acqua, la riscalda di nuovo ad una temperatura intorno ai 160 gradi centigradi e la immerge di nuovo in acqua in una fase chiamata di rinvenimento.
Le differenti temperature di riscaldamento e raffreddamento determinate dall’artista mediante l’apposizione di differenti strati di argilla, le temperature e i tempi di esposizione al fuoco ed all'acqua, determineranno differenti caratteristiche e differenti aspetti esteriori dei vari componenti della lama, soprattutto nella zona dell’hamon (tagliente); è questa procedura, estremamente delicata, che dona alla spada giapponese molte delle sue caratteristiche migliori e quell’aspetto unico ed inconfondibile.
Al termine di queste operazioni il maestro esegue una sommaria ripulitura della lama, che andrà poi consegnata ad altri artigiani. Provvederanno a rifinirne la superficie, a munirla dello habaki (la guarnizione alla base della lama, che serve ad impegnarla nel fodero), a rivestirla della shirasaya, il fodero da riposo in legno di ho, magnolia, nel quale attenderà che l'acquirente decida con quale koshirae, fornitura da guerra, completarla.
E’ la fase di preparazione e tempra, la fase cruciale nella nascita di una lama, che è stata mostrata al pubblico dal maestro Yoshindo Yoshihara, nel cortile del Museo del Bargello (per ovvie ragioni non era possibile allestire la forgia nei locali interni).
Sulla destra, protetto dal freddo come tutti i presenti, il maestro Hosokawa segue attentamente il metodico ed impassibile lavoro di preparazione del maestro Yoshihara, che utilizza come piano di lavoro il mantice che in seguito alimenterà d'aria il fuoco della forgia: che è una semplice struttura di mattoni refrattari appoggiati l'uno sull'altro.
Il recipiente in legno inclinato verso l'operatore, per facilitare l'immersione della lama, contiene l'acqua che verrà utilizzata per l'operazione della tempra.
All'inizio della dimostrazione Leon Kapp fornisce un esempio pratico di pulitura di una lama.
Seduto su uno sgabello tiene fermo col piede destro un pezzo di legno sagomato ad arco in modo da bloccare col suo peso la pietra abrasiva in posizione di lavoro, senza che sia fissata in modo stabile.
Davanti a lui un mastello contiene l'acqua con cui viene costantemente lubrificata la lama, e dove cade la preziosa polvere scaturita dall'abrasione delle pietre, che verrà recuperata e utilizzata per altri scopi.
Le pietre sono normalmente classificate secondo 5 gradi di finezza della grana, dalla arato che è la più grossolana alla uchigumori che è la più fina, ma in realtà il togishi, parola che siamo soliti tradurre con pulitore ma che forse andrebbe resa con rettificatore ne utilizza anche svariate decine tutte diverse tra loro, cambiandole in continuazione a seconda delle esigenze del momento e del tipo di lama su cui sta lavorando.
Ecco la ragione per cui è necessario che la pietra possa essere sostituita in un attimo.
Al termine di questa fase il togishi perfezionerà la pulitura usando le cosidette pietre unghia, fondamentalmente di due tipi:.
Una di colore grigio, hazuya, viene ricavata segando sottili sfoglie dalla pietra uchigumori ed incollandole su carta di riso; su questi "fogli di pietra" viene praticato un reticolo di incisioni che serviranno come linee di frattura per ricavarne piccoli frammenti da utilizzare per sfregarli sulla lama tenendoli tra pollice ed indice, con l'ausilio di un lubrificante chiamato tojiru. Si utilizza per esaltare la linea di tempera (ha).
Una seconda pietra unghia di colore giallo chiamata jizuya, ricavata con le stesse procedure ma da una pietra di nome narutaki simile alla uchigumori ma leggermente più ruvida, viene usata per esaltare la trama dei fianchi della lama (ji). Anche se le pietre vengono spezzate più volte prima dell'uso i vari pezzi non si separano, rimanendo uniti dalla carta che vi è incollata; si ottiene così una superficie flessibile adatta a seguire il profilo della lama. Questa procedura finale tende soprattutto a rendere evidente lo hamon, la linea di tempera, e talvolta ad esaltarlo.
Seguono ulteriori fasi in cui si brunisce la lama con una sospensione di ossido di ferro ricavato dalle scorie di forgiature, il nugui, ed infine si definiscono le linee della punta lavorando in senso ortogonale alla lama con una spatola che sospinge in un incessante movimento di va e vieni una pietra hazuya, ma si tratta come abbiamo già detto di fasi di lavorazione successiva alla termpra, che era l'oggetto principale della dimostrazione.
Yoshindo Yoshihara sta preparando l'argilla, una polvere mescolata con sabbia, carbone ed acqua, con cui rivestirà la lama prima dell'operazione di tempera.
Usa due tipi di argilla: uno grigio che viene usato principalmente per la linea di taglio, l'hamon, ed uno rosso a maggiore isolamento termico che verrà steso, e con maggiore spessore, sui lati e sul dorso della lama.
Sullo sfondo col microfono Massimo Rossi, togishi e presidente della INTK e col berretto Alberto Roatti, presidente onorario, che ha illustrato al pubblico le varie fasi delle operazioni.
Dopo avere accuratamente preparato due differenti tipi di argilla il maestro Yoshihara inizia a stenderla sulla lama con una spatola;.
Terminata l'operazione sul lato ura (assumendo che la lama venga montata in stile Edo il filo si trova in alto e il codolo sulla destra) girerà la lama per ripeterla sul lato omote.
Il disegno dell'argilla non è simmetrico, l'artista lo evita anzi di proposito: l'arte giapponese è molto rispettosa della natura, che raramente predilige la simmetria.
Il maestro eseguirà la preparazione di due wakizashi (spade corte) con nagasa (lunghezza della lama) di circa 40 cm; la preparazione di una lama lunga, con tagliente oltre 2 shaku - ossia da 60 cm in su - avrebbe richiesto troppo tempo.
Terminata la fase in cui l'argilla veniva stesa in strati paralleli alla lunghezza della lama, Yoshihara sensei lavora ora con la spatola ortogonalmente alla lama tracciando gli ashi, sottile strisce di argilla che hanno lo scopo di distribuire il calore della forgia ed il freddo dell'acqua secondo i criteri decisi dall'artista;.
Sono soprattutto gli ashi che seppure apparendo di aspetto molto geometrico conferiranno alla linea dell'hamon l'aspetto sinuoso ed armonioso tipico dello stile di Yoshihara.
Gli hamon si possono grossolanamente classificare in 4 tipi principali:
Suguha, "a trama diritta" in cui corre parallelo al tagliente;
Notare "con avvallamenti", in cui il disegno è dolcemente ondulato
Gunome, "con onde" che differisce dal notare per la maggiore frequenza ed intensità degli avvallamenti che ricordano piuttosto un moto ondoso.
Choji, "a chiodo di garofano", per il disegno irregolare. Tipico della scuola di Bizen e quindi dello stile del maestro Yoshihara, esiste in numerose varianti.
Yoshihara esamina un'ultima volta la lama.
La esporrà poi brevemente al calore della forgia per far asciugare rapidamente l'argilla.
In condizioni normali deve seccare per almeno un'ora prima di passare alla tempra,.
Infine controlla di nuovo che tutto sia a posto.
Nel frattempo sta calando il buio, tra poco ci saranno le condizioni per procedere allo yaki-ire, la tempra: il momento in cui si decide della vita o della morte della nuova lama.
Yoshihara imperturbabile prepara la seconda lama, mentre la prima è appoggiata al mantice. La manopola che si vede sporgere dal lato anteriore serve per pompare aria con un movimento a pistone, e verrà azionata dal braccio sinistro del maestro.
Nella sporgenza sul lato del mantice, si trovano una semplice valvola a chiusura automatica e il condotto che porta l'aria alla forgia, ove sono appoggiati gli essenziali strumenti: una paletta per aggiungere il carbone, il manico su cui viene inserito il nakago (codolo) della spada per maneggiarla quando è incandescente, una scopetta di paglia.
Inizia lo yaki-ire: un assistente aggiunge carbone assecondando le richieste del maestro (nella fase finale la pira raggiunge un'altezza di 60/70 cm),.
Questi aziona lo stantuffo del mantice provocando un suono ritmato ed affascinante che richiama quello dei tamburi rituali.
Con l'altro braccio immerge ed estrae incessantemente la lama dalla forgia, pronto a coglierne dal colore l'unico attimo in cui tutto è pronto perché si compia ciò che si deve compiere.
Un piccolo difetto di coordinazione tra il maestro e l'assistente, che opera soprattutto come traduttore e non è un fabbro professionista, mette a rischio il rifornimento del carbone, proprio nelle fasi finali.
Yoshihara si guarda intorno perplesso, fortunatamente il maestro Hosokawa, attentissimo, segnala l'inconveniente che viene subito risolto.
Quando il momento si avvicina vengono spente anche le ultime luci.
Rimangono solamente il buio totale ed il fuoco della forgia.
Il momento incombe...
Ed eccolo infine: la lama abbandona il fuoco e compie un breve quanto fatale tragitto per immergersi nell'acqua.
Riaccese le luci Yoshihara sensei, senza minimanente scomporsi, esamina la lama ed fa un cenno di assenso.
Una nuova nihonto è nata.
Abbiamo potuto esaminarla da vicino assieme al maestro Hosokawa, rimanendone abbagliati nonostante la ripulitura ancora sommaria eseguita sul campo da Leon Kapp non permettesse che di intravederne le linee finali.
Le condizioni di luce non permettevano purtroppo di documentarla.
Ricorriamo a questa foto per illustrare meglio di quanto possa fare qualunque descrizione a parole lo stile delle lame di Kokaji Yoshindo
In questa ultima foto, la sua firma sul nakago di una lama.