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La manutenzione delle lame - Prima ancora di cominciare

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In realtà occorre conoscere esattamente alcune procedure prima ancora di poter pensare di esaminare una lama o di sottoporla a manutenzione.

Qui, riprese dal film Ame Agaru di Takashi Koizumi, su soggetto di Akira Kurosawa, la sequenza prescritta dall'etichetta.

Innanzitutto l'attendente del signore Shigeaki chiede al proprietario, il samurai Ihei Misawa, il permesso di esaminare l'arma. Ricevuto il consenso, la impugna a due mani, tenendo la tsuka (manico) a sinistra e l'ha (tagliente) verso di sé. Il tutto viene mantenuto sollevato all'altezza del mento ma ad una certa distanza per evitare di alitarci sopra. Come è d'uso in Giappone per ogni oggetto delicato, di pregio o degno di rispetto.

Anticamente si usava anche tenere un fazzoletto di carta stretto nella bocca, ma è una pratica ormai in disuso anche perché alcuni pensano che sia inutile in quanto si continua comunque ad emettere il respiro dal naso. Occorre piuttosto prestare estrema attenzione a non indirizzare il proprio respiro, realmente e non solo simbolicamente corrosivo, verso oggetti di pregio, tantomai verso un lama che ha già attraversato i secoli.

Osservando le medesime precauzioni, la lama viene consegnata alla persona che intende esaminarla, che la prenderà in consegna con la mano destra.

Si tratta di un esame non approfondito, e pertanto la spada non verrà scomposta.

Lo scopo non è di verificarne le condizioni o darne una valutazione, ma di ricavare indicazioni sulla personalità e sulla visione del mondo del samurai deducendoli dalla visione della spada che ha scelto come compagna del suo cammino.

 

 

 

 

Una breve digressione: accanto a Shigeaki è sempre presente giorno e notte un secondo attendente, che ha in carico il suo tachi. A differenza della katana il tachi viene riposto in posizione verticale, con la tsuka verso il basso. Viene invece portato dall'attendente, che come vediamo utilizza un panno per non correre il rischio di macchiare o corrodere alcunché, con la tsuka verso l'alto,

Sia Shigeaki e Misawa che gli altri samurai di rango minore - come si vede - non si separano mai dalla seconda lama, che sia un wakizashi (tra 1 e 2 shaku, 30-60 cm, di lama) od un tanto (meno di 1 shaku). L'arma corta viene sempre portata alla cintura, anche quando l'etichetta impone di lasciare l'arma lunga. Altrimenti, il porto delle due spade è obbligatorio per ogni samurai.

 

Ora l'esaminatore impugna con la mano sinistra la saya (fodero) e con la mano destra la tsuka, tenendo lo ha (tagliente) verso l'alto. Estrae poi con precauzione una piccola porzione di lama, corrispondente all'habaki, guanizione di metallo tenero che si impernia sul fodero, e poco più.

Occorre prestare molta attenzione quando si estrae una lama di cui non si conoscano le condizioni, potrebbe esservi resistenza maggiore o minore di quella prevista.

 

 

 

 

 

Se la prima parte dell'estrazione non ha comportato problemi, la lama viene allora estratta completamente, con lentezza e curando di non farle toccare nello scorrimento la parte interna della saya, per evitare il rischio di una abrasione della superficie.

E' bene a questo punto riporre al sicuro la saya nel fukuro, la sacca di seta dove la spada viene conservata di solito quando non indossata o non esposta nel katanakake, una rastrelliera orizzontale (il tachikake come abbiamo detto è invece verticale).

 

 

 

L'esaminatore passa ora in rassegna le caratteristiche della lama, sempre tenendo lo ha rivolto verso di sé. Non viene considerato cortese commentare eventuali difetti, a meno che non sia stato espressamente richiesto dal proprietario.

La descrizione o commento della lama ricorre tradizionalmente a poetiche citazioni della natura, dietro cui si nascondono però anche ragioni pratiche.

In epoca antica, quando non era agevole e a volte nemmeno possibile trasmettere immagini, era necessario ricorrere a perifrasi indicando fenomeni la cui conoscenza era diffusa. Si poteva ad esempio esprimere un giudizio sul tessuto dell'acciaio di una lama dichiarandolo "limpido come un mattino d'inverno".

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