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Kenji Mizoguchi: 1944 - Miyamoto Musashi
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Ancora un Musashi? Sì e stanno molto bene assieme, trovandosi agli estremi opposti. Prima le recensione di una serie televisiva del 2003 di 50 puntate, distribuite nell'arco di un anno, e ora una pellicola del 1944 di 55 minuti. E diretta da Kenji Mizoguchi... Andiamo avanti?
La precedente opera di Mizoguchi, I 47 ronin, dura 3 ore e 42 minuti e l'autore fa ampio uso della sua tecnica di ripresa favorita, il long take, ossia una lunga ininterrotta sequenza. La sua durata in passato era limitata dall'autonomia delle cineprese, che in quegli anni non potevano caricare nella migliore delle ipotesi più di 300 metri di pellicola, corrispondenti a circa 10 minuti di filmato.L'avvento delle tecniche digitali ha annullato questi limiti, e ora addirittura si può tentare di affrontare un intero film con un solo long take.
Come detto Mizoguchi ne fa largo uso nei 47 ronin, dove la scena iniziale dura ben oltre 4 minuti. La scena iniziale di Musashi si limita invece a poco più di un minuto, e questo è comprensibile conoscendo la limitata durata complessiva dell'opera. Ma perchè questo brusco e apparentemente inaspettato cambio di impostazione?
Semplicemente perchè in tempo di guerra, siamo nell'ottobre 1944, quasi al tragico epilogo della seconda guerra mondiale, la pellicola scarseggiava, e le autorità avevano disposto il limite di un'ora alla durata dei film.
E' la stessa difficoltà che ha dovuto affrontare e superare l'anno dopo Akira Kurosawa girando Tona no ofumu otokotachi ed è molto interessante per noi verificare come agiscono i maestri del cinema quando sono costretti da circostanze esterne a modificare il loro stile di direzione.
RIcordiamo infatti che anche Kurosawa amava le opere di lunga durata, ne sono testimoni tra i più conosciuti I sette samurai oppure Akahige. Indubbiamente entrambi rimangono maestri anche quando costretti a mutare registro e non sarebbe stato lecito dubitarne.
Mizoguchi si discosta dalla trama seguita da altri, debitori del romanzo di Eiji Yoshikawa pubblicato a puntate sull'Asahi Shimbun a partire dal 1935 e poi pubblicato in volume. Forse si riallaccia, se ne accenna nei titoli di testa, a una diversa serie pubblicata sul periodico Mainichi. Già nella scena iniziale ci sarebbe da indicare anche la maestria di Mizoguchi nelle mise-en-scène ossia negli accorgimenti scenografici e nei costumi che restituiscono allo spettatore una tangibile atmosfera in cui immergere le vicende.
Musahi, interpretato da Chôjûrô Kawarasaki che avevamo già visto nel ruolo di Kuranosuke Oishi nei 47 Ronin, rifiuta un combattimento con il clan degli Yoshioka. Nella saga di Yoshikawa Musashi è ancora uno sconosciuto che sfida la scuola Yoshioka per misurare le proprie capacità.Qui ha già una grande fama.
Si passa alla scena successiva, Mizoguchi tende per sfruttare al massimo la poca pellicola che gli è concessa a limitare le scene interlocutorie, del resto già spesso assenti o ridotte al minimo quando si priivilegi il long take, tecnica che in italiano viene spesso definita come piano sequenza (si tratta però di concetti teorici sviluppati alcuni anni dopo questa opera).
Vediamo.Musashi intento a scolpire una statua in legno. Anche qui l'impostazione dell'opera prescinde da altre versioni, in cui Musashi solo negli anni successivi e superando numerose esperienze negative iniziò a sviluppare capacità artistiche.
Viene raggiunto da Genichiro e dalla sorella Shinobu (Kinuyo Tanaka), che chiedono di essere addestrati per combattere e vincere gli assassini del loro padre.
Interessante notare che Kinuyo Tanaka, diretta da Mizoguchi in 15 film, nel 1953 decise di passare alla regia, nonostante lo scetticismo di Mizoguchi.
Era la seconda donna giapponese a dirigere un film.
La prima fu nel 1936 Tazuko Sakane. Era in precedenza assistente alla regia di Mizoguchi, il quale fu anche noto per essere stato il primo a dare rilevanza nelle sue opere alle figure femminili.
Ma torniamo alla trama.
Appreso del coinvolgimento di Musashi gli assassini - i fratelli Samoto, Kurando e Magoshiro - assolderanno un altro famoso uomo di spada, Sasaki Kojiro.
Sarà inevitabile che lui e Musashi arrivino a uno scontro mortale.
Musashi dichiara di ammirare lo spirito dei due giovani ma di non poter accogliere la loro richiesta di assistenza
Ha ricevuto una lettera ufficiale di sfida dal dojo degli Yoshioka, lo scontro avverrà a breve presso il tempio di Ichijoji e non sa se sarà ancora vivo l'indomani.
Dopo di che, ritorna impassibile a lavorare alla sua scultura, dopo aver silenziosamente giunto le mani di fronte alla statua, come aveva già fatto al momento di interrompere il suo lavoro per ascoltare la richiesta.
Un tratto tipico della tradizione giapponese il rispetto per ogni cosa, compresi i lavori e gli elementi più umili, tanto più necessario quando si aspira a compiere qualcosa di nobile.
Due sono le condizioni che ha posto Musashi per accettare di aiutare i due ragazzi: innanzitutto che comprendano come la via della spada non debba essere strumento di vendetta o asservita all'inseguimento dei propri scopi personali, ma deve portare all'onore.
La seconda condizione è che lui esca vivo dal cruento scontro con l'intero clan degli Yoshioka, che non esiterà per fermarlo a utilizzare anche armi da fuoco.
Ma utilizzando una delle sue armi preferite, l'imprevedibilità, Musashi ne uscirà vincitore.
Al termine della cruenta battaglia Musashi presso una cascata purifica sé stesso e la sua lama.
Là lo raggiungerà Shinobu, ottenendo finalmente l'assenso di Musashi al loro addestramento, in modo che possano affrontare con onore gli assassini del loro padre
L'insegnamento di Musashi oscilla tra il costante richiamo ai principi etici della via della spada e il rigoroso estenuante allenamento fisico, durante il quale chiede ai due ragazzi di attaccarlo senza alcuna remora, deponendo ogni esitazione e ogni riserva mentale.
Lui si limita perlopiù a evitare i loro attacchi, costringendoli ad affinare la loro tecnica e a rafforzare il loro spirito combattivo.
Sfortunatamente gli assassini casualmente li scorgeranno durante le loro sessioni di pratica, rendendosi conto che dovranno confrontarsi con due avversari formati da un grande uomo di spada.
La loro contromisura è immediata: si recano al dojo della scuola Ganryu, per chiedere al maestro Sasaki Kojiro di intervenire a loro favore. Accetterà: è da molto che aveva intenzione di misurarsi con Musashi, che si sottraeva alla tenzone.
Ora gli si offre l'occasione per costringerlo, e ne approfitterà senza remore.
La lua levatura morale non è pari alla sua incontestata maestria tecnica: userà ogni mezzo.
Musashi si è assentato per qualche tempo, raccomandando ai due giovani di continuare senza alcuna flessione il loro addestramento.
Approfittando della sua assenza Genichiro viene assalito a tradimento e ucciso.
Verrà invece risparmiata da Sasaki Kojiro la sorella Shinobu: dovrà riferire a Musashi che Kojiro è responsabile di questo brutale assassinio, provocandolo a un inevitabile duello al'ultimo sangue.
Shinobu non può fare altro che rintracciare Musashi per riferigli la tregedia; lo trova intento a scolpire una nuova statua, ma non avrà il coraggio di interrompere il suo lavoro, a rischio di turbarne la concentrazione.
Si addormenterà alfine esausta, e Musashi si accorgerà di lei solamente al mattino, dopo una intera nottata trascorsa al lavoro. Nonostante abbia ripetutamente ammonito di non cercare vendetta, ora deciderà di agire.
Inutile tentare di evitare il confronto, inutile rimandarlo.
Kojiro intende affrontare Musashi per stabilire chi sia tra loro due il miglior uomo di spada, e ha dimostrato di essere capace di ogni delitto per raggiungere il suo scopo.
Tuttavia, quando Musashi si reca al suo dojo per affrontarlo, scopre che è chiuso. Kokiro non è più lì.
Musashi non può agire immediatamente, si separa da Shinobu e inizia una lunga ricerca.
Lo troviamo l'anno seguente in Buzen, dove chiede udienza al signore Nagaoka, vassallo degli Hosokawa.
Il suo avversario è infatti ora dipendente come maestro d'armi dalla casata Hosokawa, e si deve chiedere formale autorizzazione al daimyo per poter avanzare una sfida.
Musashi l'otterrà: Nagaoka è stato allievo di suo padre Munisai.
Ma solo dopo aver assicurato che non è mossso da ragioni di odio o di vendetta, ma solo dal desiderio di misurarsi con un uomo considerato ai vertici dell'arte della spada.
Il duello, come ogni cultore delle arti marziali nipponiche sa, avrà luogo in una piccola isola situata nello stretto che divide Honshu da Kyushu, le due isole maggiori. Verrà in seguito chiamata Ganryujima, in onore di Kojiro.
Una figura che è rimasta enigmatica e in gran parte sconosciuta, ma cui non si attribuiscono generalmente i tratti negativi che qui constatiamo.
L'accesso è interdetto a tutti, ufficiali della casata vigileranno che ogni imbarcazione si tenga al largo dall'isola.
Musashi come suo solito, adotta una delle sue tattiche preferite per innervosire l'avversario di turno: arriverà con grande ritardo.
In ogni narrazione delle sue gesta si riporta che abbia combattuto in questa occasione con un bokuto in legno ricavato da un remo di scorta del guscio di noce su cui lentamente si stava recando sul lugo del duello.
Tuttavia quando un suo discepolo anni dopo gli chiese una replica esatta lavorò un bokuto dalle forme slanciate ed elegante, ancora conservato, difforme dalle rappresentazioni odierne, e difficilmente ricavabile con attrezzi di fortuna durante una traversata in barca.
I due fieri avversari sono finalmente l'uno di fronte all'altro.
Rimangono a lungo in posizione di guardia, pronti all'attacco, pronti a rispondere a un attacco.
Finalmente il momento decisivo.
La lama di Kojiro taglia la benda che cinge la fronte di Musashi, che cade solo alcuni secondi dopo.
E' uno dei momenti topici di ogni rappresentazione, non si rinuncia mai a mostrarlo.
Il legno di Musashi si abbatte sulla fronte di Kojiro, che cade al suolo rantolante.
Musashi gli rivolte un rimprovero, si direbbe benevolo, quasi un rimpianto per aver notato una imperfezione che non si attendeva. Kojiro ha avuto un attimo di esitazione.
Per quello la sorte gli è stata avversa.
Salutati formalmente i vassalli della casata Hosokawa che fungevano da arbitri e osservatori, senza proferire parola Musashi si imbarca di nuovo per abbandonare l'isola.
Lo attende Shinobu.
A lei, solo a lei, Musashi confessa di avere avuto anche lui un momento di esitazione: la sua arte non è ancora al culmine, il suo percorso non è ancora completo.
Dovrà continuare a percorrere la via della spada, rinunciando a ogni altra cosa, compreso l'amore.
Shinobu dichiara che sarà all'altezza degli intenti di Musahi, ritirandosi in convento.
Musashi l'assicura che lei sarà per sempre la sua sposa spirituale.
Si allontana.
Shinobu rimane a fissarlo mentre con passo sicuro riprende la sua strada.
L'ultima inquadratura è per lei. Sola.
A noi rimane il dovere di fare alcune considerazioni: due grandi maestri hanno dovuto abbandonare per cause contingenti le loro abitudini e raccontare la storia che avevano scelto in una situazione di grave scarsità di messi, e concentrando ogni cosa in meno di un'ora.
Se dovessimo giudicare potremmo dire che il tentativo di Kurosawa (Tora no ofumu otokotachi) riesce a trasmettere qualcosa di più. Ma è forse la trama, la leggenda di Yoshitsune, che gliene offre maggiormante il verso.
Potremmo anche considerare che Mizoguchi era già un regista affermato, mentre Kurosawa era alle sue prime prove.
Ma è senzaltro preferibile astenersi da ogni giudizio, e inchinarsi di fronte a entrambi i maestri.