Jidai
Kei Kumai: 1989 - Morte di un maestro del te
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Kei Kumai: Morte di un maestro del te (Sen no Rikyu)
1989
Eiji Okuda, Toshiro Mifune, Kinnosuke Nakamura, Shinsuke Oshida
Questa opera ha conosciuto uno strano destino: fece scalpore alla sua uscita e venne salutata come un capolavoro assoluto, ricevendo molti riconoscimenti in Giappone. In occidente ottenne il Leone d'argento al festival del Cinema di Venezia del 1989. Uscita poi nelle sale, vi rimase per diversi anni, anche se prevalentemente nei circuiti dei cinema d'essai dove rimaneva ininterrottamente in programmazione per tempi lunghissimi. Una recensione dell'epoca avvertiva: "Paninari, astenersi", per sottolineare che si trattava di un'opera imperdibile ma destinata solamente a chi era in grado di comprenderla ed apprezzarla. Eppure, nonostante tutto, fu una parte non indifferente del pubblico.
Da allora non si è praticamente cessato di parlarne, di citarla e di elogiarla. Ciò nonostante, è scomparsa dalla circolazione ed è assolutamente introvabile anche su nastro o disco, tantevvero che rarissime copie usate, prevalentemente in vhs, vengono vendute sul mercato statunitense e giapponese per cifre elevate: in media intorno ai 500€. Questa recensione si basa sull'unica versione italiana, pubblicata in vhs dalle Edizioni Paoline ad inizio degli anni 90. E' doppiata in italiano e la qualità audio e video è quella, scadente, delle riproduzioni su nastro.
La figura di Rikyu (1522-1591)
Non è possibile andare avanti senza prima conoscere qualcosa di più su Rikyu. La trama dell'opera, tratta dal romanzo Honkakubo Ibon di Inoue Yasushi, è molto semplice: Honkakubo, allievo del grande maestro di chanoyu Rikyu, ancora non trova pace dopo molti anni dalla morte del maestro, costretto a compiere seppuku per ordine del generale Toyotomi Hideyoshi, che all'epoca dominava in Giappone. Non sa rassegnarsi alla perdita della sua figura di riferimento e vuole comprendere le ragioni della sua morte. Ne verrà a capo, ma solo a caro prezzo questa conoscenza lo porterà a risolvere i suoi dubbi esistenziali.
Rikyu nacque col nome di Yoshiro Tanaka in Osaka, da Tanaka Yohei che prese poi il cognome di Sen. Non sappiamo molto sul periodo iniziale della sua vita, ma conosciamo almeno per grandi linee gli insegnamenti da lui ricevuti: studiò chanoyu con i maestri Kitamuki Dōchin (1504–1562) e Takeno Jô (1502-1555) e ricevette l'iniziazione allo zen presso la setta rinzai dal reverendo Dairin Sōtō (1480-1568) che gli diede il nome di Sohei. Si sposò ancora giovane con Oshin Myôju, da cui ebbe una figlia chiamata Ogin, che si dice fosse di straordinaria bellezza e che ebbe un ruolo importante nella vicissitudini del padre.
Nel 1580 circa divenne maestro di chanoyu del dittatore Oda Nobunaga e alla sua morte mantenne la carica presso la corte del successore Toyotomi Hideyoshi. Nel 1585 officiò la cerimonia del te davanti all'imperatore, che gli conferì il nome di Rikyu Kohei ed il titolo di Tenka Gosan, ossia punto di riferimento ufficiale per il chanoyu.
Negli anni successivi sviluppò e portò a compimento la sua filosofia del chanoyu, improntata ad austerità e semplicità, ai limiti della rudezza. In collaborazione col ceramista Raku Chojirô creò un nuovo stile di utensili e una procedura di fabbricazione ancora oggi chiamata raku e curò sistemazione ed ambientazione delle sale riservate alla cerimonia. La sua scuola venne conosciuta come Senke-ryu e da essa derivano le tre grandi correnti ancora oggi attive: Urasenke, Omotesenke e Mushakojisenke, che officiano il giorno 28 di ogni mese, ricorrenza della morte del maestro.
Per ragioni che non sono conosciute, Toyotomi Hideyoshi ordinò a Rikyu di compiere seppuku, nella primavera del 1591. Dopo avere officiato una memorabile cerimonia del te Rikyu si tolse la vita con una lama cui dedicò il suo poema di addio, di cui tentiamo di rendere il significato senza alcuna pretesa di trasmetterne il senso poetico.
Benvenuta al te,
spada dell'eternità!
Attraverso Budda
come attraverso Daruma
hai tagliato la tua via
Toyotomi Hideyoshi si dichiarò in seguito dispiaciuto della morte di Rikyu e diede disposizione che i suoi insegnamenti venissero tramandati e le sue disposizioni messe in pratica.
Il protagonista del libro di Inoue è Honkakubo: un allievo di Rikyu su cui si hanno scarse notizie, che lo stesso Inoue cercò di integrare in due libri successivi mai tradotti in occidente, Honkakubo are kore (Honkakubo questo e quello) e Honkakubo ibun noto (Note sugli scritti postumi di Honkakubo); secondo Inoue il nome di Honkakubo risulta dai registri di alcuni chakai (riunioni per praticare chanoryu) e appare in diverse lettere, tra cui una di Rikyu proprio a lui indirizzata.
Sono passati 27 anni dalla morte di Sen no Rikyu, il più grande maestro di cerimonia del te che il Giappone abbia mai conosciuto. Honkakubo non ha mai smesso di chiedersi le ragioni della scomparsa del maestro, con cui ha vissuto 10 anni.
Gli appare in sogno Rikyu, in un paesaggio nebbioso, simile ai misteriosi disegni di pietra di un giardino zen eppure freddo, ostile ed inquietante, che richiama sensazioni opposte.
Rikyu si allontana sempre di più, vestito da viaggiatore, e sembra non sentire i disperati richiami di Honkakubo (Heiji Okuda).
Finalmente si arresta, la speranza riaffiora nell'animo di Honkakubo.
Ma quando il maestro - maestosamente interpretato da Toshiro Mifune - si volge, mostra un volto già lontano da questo mondo.
Fissa impassibile Honkakubo.
Infine gli fa un gesto imperioso con la mano, ordinandogli di tornare indietro. La sua strada non è destinata ad essere percorsa da tutti.
Honkakubo vuole sapere: è forse la strada che porta all'altra vita?
Rikyu senza più nulla dire torna a girarsi e si allontana in silenzio. La folle corsa per raggiungerlo sarà vana.
Destatosi dal sogno, un sogno che ricorre dal giorno della scomparsa del maestro e di cui non riesce a liberarsi, Honkakubo torna alla vita reale.
Vive in eremitaggio in una frugale capannna sulle rive di un piccolo lago, officiando la cerimonia del te per se stesso, e per i suoi ricordi.
La ricerca di Honkakubo è destinata ad intrecciarsi e a fondersi con quella di Nagamasu Oda. Si tratta di un personaggio storico, fratello minore del dittatore Nobunaga Oda, (1534-1582) che dominò la scena del Giappone con una lunga serie di guerre vittoriose, che miravano ad allargare il suo dominio per portarlo infine al potere supremo.
Nobunaga cadde vittima di una rivolta quando era arrivato ad assumere il controllo di circa un terzo dell'intero Giappone e gli successe il fedele generale Toyotomi Hideyoshi, antagonista di Rikyu nell'opera. Aveva ormai il controllo di fatto dell'intero Giappone, anche se il suo potere non venne mai ufficialmente riconosciuto.
Nagamasu Oda (1548-1622) è maggiormente conosciuto col nome di Urakusai, e come tale ci verrà presentato. Fu maestro di chanoyu, e il padiglione Urakuen Joan nel tempio Kenninji, da lui edificato, e in cui si svolge il suo primo incontro con Honkakubo, è ancora conservato nella città di Inuyama.
In un freddo mattino d'inverno Honkakubo, che ancora non riesce a liberarsi dal tormento della morte di Rikyu, esce dalla capanna in cui vive solitario e fende la neve alta per mettersi in viaggio.
Deve rispondere ad una chiamata, quella appunto del reverendo Urakusai che intende inaugurare il nuovo padiglione del te. E' l'inizio della ricerca che porterà entrambi - a caro prezzo - fino alla verità.
Urakusai (chiamato a volte anche col nome ecclesiastico di Urakubo, e qui interpretato da Kinnosuke Nakamura) aveva da pochi anni abbracciato la religione cristiana, prendendo il nome di Giovanni. La stessa decisione era stata presa da Nobunaga, che venne chiamato Geronimo, ma forse più per opportunità politica e per ottenere armi da fuoco dagli occidentali che per reale vocazione.
Si dice che anche Rikyu si sia avvicinato al cristianesimo, e alcuni commentano a proposito che la dottrina cristiana non è molto lontana dalle convinzioni personali che aveva già manifestato Rikyu.
Non si deve comunque credere a conversioni radicali con relativo abbandono delle dottrine ataviche: i credenti giapponesi erano già abituati da diversi secoli a seguire contemporaneamente sia la dottrina shinto che quella buddista, non c'era in loro ombra di integralismo.
Comunque sia, l'incontro è tra Urakusai, Honkakubo e il ricco mercante Daitokuya (Teizo Muta) che compra e vende chawan: utensili per la cerimonia (in realtà Daitokuya è il nome della casa di vendite e non quello del mercante, che nel testo di Inoue rimane anonimo). Culmina nella celebrazione di una cerimonia durante la quale l'ombra di Rikyu incombe.
Gli interrogativi sulla ragione della sua morte non trovano risposta, ma continuano ad esigerla.
Nel corso della cerimonia Urakusai occupa la posizione designata per l'officiante, Daitokuya quella riservata al primo ospite ed Honkakubo la seconda.
La sistemazione della sala e gli elementi decorativi sono estremamente lontani dai canoni convenzionali del chanoyu.
Daitokuya chiede se il chashaku utilizzato sia quello celeberrimo di cui ha molto sentito parlare.
E' una tazza nello stile di Ido, un semplice stile originario della Corea, utilizzata dal popolo per il riso e poi adottata dai maestri di te che ne apprezzarono la semplice bellezza.
Urakusai conferma: è una tazza costruita dal maestro Oribe Furuta. E le sue riflessioni partono da là: Oribe ha concluso i suoi giorni dandosi la morte mediante seppuku. Lo stesso avevano fatto il maestro Soji e soprattutto il maestro Rikyu. Che sia necessario morire per comprendere lo spirito del chanoyu? Lui stesso ride a questa paradossale conclusione.
Che si rivela in realtà tanto inquietante quanto necessaria.
I tentativi di stabilire un rapporto causa/effetto nella tragica scomparsa del maestro non vanno lontano. Daitokuya ipotizza che a Rikyu sia stata rimproverata la conversione al cristianesimo. Urakusai che si sia opposto con eccessiva enfasi all'invasione della Corea ordinata dal dittatore Hideyoshi.
Honkakubo trova coerente questa ipotesi: "Per l’arte del te armonia tra gli uomini e rispetto sono essenziali. Ne consegue che la libertà è sacra. Ed è naturale quindi respingere ogni idea che spinga l’uomo all’aggressione."
E ricorda un incontro, avvenuto alcuni anni dopo la morte del maestro, in una splendida giornata di autunno all'esterno del tempio Shinnodyo, col monaco Toyobo (Taketoshi Naito).
Toyobo (+1599) fu uno dei più stretti allievi di Rikyu. Una tazza nera che fa parte del Rikyu shichi-shu, il gruppo delle sette tazze predilette da Sen no Rikyu, gli fu regalata dal maestro. Viene chiamata col suo nome: Toyobo.
Racconta Honkakubo che l'anno seguente, avendo Hideyoshi ordinato di tagliare 1000 alberi di ciliegi e portarglieli per goderne la bellezza, Toyobo - che vedeva l’impronta della natura in ogni singolo filo d’erba - protestò uccidendosi
La gioia di Honkakubo e Toyobo nell'incontrarsi è evidente, ma Toyobo è inflessibile nel rimproverare l'allora giovane discepolo. Per inseguire la non raggiungibile ombra di Rikyu, si è ritirato dal mondo.
Non è quello il suo destino, non è quella la via a cui Rikyu l'aveva preparato.
“E' per piangere la morte del tuo maestro che sei andato via? Non hai scelta, la tua via è segnata. Sei ancora giovane per allontanarti da questo mondo, devi invece lavorare duramente e fare dell’arte del te la ragione della tua vita. Diventa tu stesso un maestro del te!.”
La sceneggiatura originale prevedeva una ulteriore frase di Toyobo, probabilmente tagliata per la necessità di condensare i tempi dell'azione:
"Una volta entrato in questo mondo del te, non otterrai nulla finché non avrai stablito la tua posizione come maestro. Ne sei cosciente?"
Durante la cerimonia che Toyobo offre ad Honkakubo, i ricordi di entrambi vagano lontano.
Toyobo rammenta i lunghi periodi di guerra, ed in particolare le tante cerimonie officiate dal maestro Rikyu per offrire il te ai valorosi guerrieri in armi, pronti ad affrontare la morte all'alba.
"Dalla morte del maestro Rikyu a quella del maestro Kokei trascorsero sei anni. Erano i due pilastri del loro tempo.
Un tempo in cui l'arte del te, per i samurai, aveva ancora un significato.
I guerrieri, assorti nella cerimonia del te, dimenticavano ogni cosa prima di gettarsi nella mischia.
Ove incontravano la morte".
Non se ne fa cenno nel film, ma la storia tramanda che nel corso del sanguinoso assedio di Odawara i generali di Hideyoshi ricevettero l'ultimo te da Rikyu mentre sul fronte opposto i generali nemici lo ricevevano dal maestro Sojii.
Rikyu officia alla cerimonia, impassibile e distante, come un nume.
Secondo Toyobo, la statura morale di Rikyu andava oltre gli umani confini. Aveva fatto dell'arte del te la sua ragione di vita. Ma fu proprio questa sua immensa forza che gli impedì di continuare a vivere.
Fu in realtà lui, lo stesso Rikyu, a strappare l'ordine al signore Hideyoshi.
Ogni volta che si recava da lui per la cerimonia, Rikyu gli imponeva di lasciare la spada all'entrata.
Ricevere il te era per Toyotomi Hideyoshi, dittatore del Giappone (interpretato da Shinsuke Ashida), un colpo insostenibile.
Ne veniva annientato.
Ogni volta per lui lasciare la spada, ammirare l'ambiente, i fiori, ammirare quanto da lui non raggiungibile, era una sconfitta. E ogni sconfitta per lui, era la morte.
Interrompiamo la narrazione per rendere conto di un altro episodio del lungo duello tra Rikyu e Hideyoshi.
Questi chiese una volta di ammirare i rarissimi fiori di cui si diceva fosse ricco il giardino di Rikyu. Il maestro lo accolse senza alcuna parola: nel corso della notte il giardino era stato accuratamente rasato, ed era completamente spoglio.
All'interno dell'abitazione non vi erano i consueti magnifici addobbi floreali.
Finalmente, dopo un lungo percorso in stanze spoglie e nude, Hideyoshi venne condotto in un'ultima stanza ove in assoluta solitudine, senza alcun altro ornamento, era esposto il migliore dei fiori.
Una volta visto quello, era inutile e sciocco pensare di ottenere qualcosa di più dalla visione di una moltitudine di fiori. Ancora una volta Hideyoshi riceveva una umiliante lezione.
Terminato il racconto della testimonianza di Toyobo, Urakusai riprende la parola: nel tentativo di affermare la sua supremazia, infine Hideyoshi invia Rikyu in esilio nella nativa Sakai. Ma quale è l'ennesimo episodio che ha scatenato questa sua reazione? Honkakubo non ne sa nulla.
Ed ormai si è fatto tardi ed il cammino del ritorno è lungo. Prende congedo. Il percorso lo porta lungo il fiume, che si congiunge più avanti con quello dove vide per l'ultima volta Rikyu.
Il maestro sedeva, lontano allo sguardo ma chiaramente imperturbabile e maestoso come sempre, al centro della barca che scendeva veloce la corrente del fiume.
Oltre ad Honkakubo altri attendono il suo passaggio.
Anche a loro Rikyu rivolgerà un ultimo inchino.
Sulla sponda opposta del fiume sfidano infatti l'ira di Hideyoshi due samurai di alto rango.
Attendono rispettosamente per un ultimo saluto l'arrivo della barca che porterà via lontano - e per sempre - il loro maestro.
Sono Oribe Furuta (Kato Go), dii cui sentiremo presto parlare ancora, ed il giovane Sansai Hosokawa.
Tadaoki Hosokawa (1564-1646), conosciuto come Sansai, discendeva da un ramo degli shogun Hashigawa che venne adottato nella famiglia Hosokawa. Fu uno dei più fidati seguaci di Oda Nobunaga, al cui seguitò combatté la sua prima battaglia all'età di 15 anni.
Costruì nel 1601 il padiglione Kotoin nel tempio di Daitokuji in Kyoto, in memoria di Rikyu.
Nel punto ove sorgeva la residenza di Rikyu disegnò ed edificò la casa da te Shoken. Fu consulente della corte imperiale in materia di storia, letteratura e poesia.
Aveva sposato nel 1578 Tama Akechi (1563-1600), poi conosciuta col nome di Garasha (Gracia) Hosokawa dal suo nome di battesimo. Si era fatta battezzare per protesta, non appena avuta notizia dell'editto di Hideyoshi contro il cristianesimo.
Quando il suo castello venne attaccato, piuttosto che cadere nelle mani del nemico, Gracia Hosokawa chiese ad un vassallo di sottrarla all'oltraggio dandole la morte.
Sansai e Gracia, morti a distanza di 46 anni l'uno dall'altra, riposano assieme in due tombe nel giardino di Daitokuji.
Correva il terzo anno dell'era Tensho (1588) quando avvenne il primo dei due episodi cruciali che decisero il destino di Rikyu.
E furono, naturalmente, due memorabili cerimonie del te.
In occasione della prima, Rikyu diede precise istruzioni ad Honkakubo.
Doveva appendere alla parete d'onore la calligrafia di Kido, di proprietà del Taiko (il titolo con cui veniva chiamato Hideyoshi, e che ha dato origine al moderno termine inglese di tycoon).
Honkakubo esita: fa presente al maestro che utilizzarla senza il consenso del signore potrebbe sembrare un atto di sfida. Immediata, sprezzante, la risposta di Rikyu: "E' esattamente questo che mi spinge!".
Ospiti della cerimonia erano tre monaci del tempio Daitokuji, tra cui il più importante, che avrebbe occupato la prima posizione, era Kokei (Eijiro Tono), condannato all'esilio per ragioni che non era dato conoscere. E la calligrafia sembrava pensata espressamente per quell'occasione:
Le foglie si staccano dai rami
Gelida è l’aria d’autunno
L’uomo saggio lascia il suo tempio
Che torni presto e ci riveli il suo cuore.
Rikyu e i suoi ospiti sono addirittura infantilmente divertiti da quella che è una sfida in piena regola al massimo potere costituito, un potere che ha già mostrato di essere spietato.
E' un vero divertimento per loro scambiarsi reciprocamente violente accuse di sovversione, accettandole come un onore.
Riescono a stento a riguadagnare la loro abituale compostezza.
Quando gli ospiti abbandonano le sala, Honkakubo vorrebbe affrettarsi a rimettere al suo posto la calligrafia, in modo che nessuno possa accorgersi dello sgarbo.
Rikyu lo ferma: il suo obiettivo sarebbe completamente fallito, se nessuno si rendesse conto della sua provocazione.
La calligrafia deve restare ancora per qualche tempo esposta alla parete.
Termina la discussione con Urakusai e Daitokuya, terminano anche per il momento i tentativi di Honkakubo di venire a capo dell'enigma. Ricusa l'offerta di passare la notte ospite di Urakusai e si incammina alla luce della luna per tornare nel suo eremo.
Ma là, qualche tempo dopo, lo viene a trovare Urakusai. E' ancora alla ricerca della verità, come del resto Honkakubo: i loro destini debbono tornare ad incrociarsii.
Un nuovo tassello si aggiunge ai precedenti, ed anche se non svela le ragioni di quanto accaduto conferma che Rikyu era pienamente cosciente di quanto faceva, e ne prevedeva lucidamente il possibile esito.
Honkakubo mostra ad Urakusai un prezioso manoscritto del maestro Yamanoue Soji, dono che gli è stato inviato da Rikyu.
Sull'ultima pagina vi è scritto che va recapitato dopo che egli si sarà recato a Kyoto e sarà morto. Questo perlomeno diceva la sceneggiatura originale, tempo fa consultabile on line in inglese, riprendendo quasi testualmente lo scritto originale di Inoue (Le maître de thé, Stock 1995, p. 56, ove il manoscritto è anche dedicato ad altra persona).
Nel film l'affermazione è molto più esplicita: "Se fossi chiamato da Hideyoshi a Kyoto, o se fossi costretto alla morte, il presente scritto sia consegnato al mio discepolo".
La chiave di lettura di queste parole di Rikyu è collegata probabilmente ad un episodio accaduto quando Honkakubo si trovava ancora da poco al servizio del maestro, e la sua conoscenza dell'arte del te era ancora rudimentale.
Si dovette tenere a disposizione per una cerimonia che al cadere della notte non era ancora terminata, si avvicinò quindi nell'anticamera portando un lume, in attesa che venisse richiesto il suo intervento.
Dopo una breve attesa, senti un uomo proferire con tono irritato e ad alta voce queste parole:
"La parola nulla non ci guida a nulla. La parola morte cancella ogni cosa!"
A quel punto gli venne chiesto di portare il lume, e fece scorrere il fusuma della sala da te per consegnarlo.
Alla debole luce della candela, tenuta per giunta in modo da illuminare solo la calligrafia appesa alla parete, poté solo riconoscere Rikyu in uno degli ospiti.
I volti dell'altro ospite e soprattutto dell'officiante, colui che aveva pronunciato quelle parole, rimasero all'oscuro.
Aveva comunque, anche senza poterne vedere le fattezze, l'aspetto di un demonio.
Urakusai a questo punto è certo: l'officiante era il maestro Soji in persona, un demonio in carne ed ossa.
Yamanoue (o Yamagami) Soji, conosciuto anche come Tsunehiro Manijo ed autore del testo Yamanou Soji ki che è al centro della conversazione precedente tra Honkakubo ed Urakusai, era stato cerimoniere alla corte di Toyotomi Hideyoshi.
Per ragioni non conosciute abbandonò il suo signore e passò nel campo nemico.
Era come abbiamo detto all'interno del castello di Odawara, assediato da Hideyoshi, da dove si pensa che avrebbe potuto facilmente fuggire.
Eppure attese fino alla fine, accettando di cadere nelle mani del vendicativo signore, che gli ordinò di eseguire la cerimonia per lui e per i suoi generali.
Soji adottò uno stile inusuale e provocatorio, che suscitò immediate ed indignate proteste da parte di chi assisteva, e dello stesso signore assoluto del Giappone.
La sua sprezzante risposta annientò Hideyoshi:
"Certamente, è uno stile non ortodosso. Ma il modo semplice è il più elevato. Lo stile essenziale e libero è concesso solo ai grandi. Vedo, signore, che lei non ne è all'altezza.
Le guardie di Hideyoshi trascinarono Soji nel cortile, per mozzargli il naso e le orecchie.
Ma con un guizzo ferino Soji riuscì a liberarsi, sottraendo il wakizashi ad una delle guardie e tenendo a bada con quello l'intera guarnigione, senza che nessuno osasse farsi sotto.
Si tagliò poi il ventre di fronte all'esterefatto Hideyoshi ed al suo stato maggiore, ridendo loro sul volto mentre si squarciava l'addome.
Quando hanno terminato di ripercorrere i loro ricordi, Urakusai lascia Honkakubo. I rispettivi tormenti interni però non li lasciano.
La loro vita è come sospesa.
Finché non scioglieranno l'enigma della morte di Rikyu rimarranno indissolubilmente vincolati dalla necessità di sciogliere questo ostacolo prima di poter riprendere il cammino della vita e dell'arte.
Honkakubo non rimarrà solo a lungo. Rientrato nella sua minuscola capanna, ove entrano indifferentemente uomini e rumori della natura, l'ululato del freddo vento dell'inverno o i richiami degli uccelli notturni.
La sua sala da te, descritta nel testo di Inoue, non arrivava a misurare due tatami Anche le sale di maggior prestigio comunque misuravano non più di 3 o 4 tatami. Qui incontra l’ombra di Rikyu, cui preparerà il te. Sembra un incontro consueto, abituale.
- Sembra triste maestro.
- No, triste mai. Compio il mio viaggio. Un lungo cammino. La strada è fredda e deserta.
- Lei mi ha ordinato di tornare a casa maestro, e io ho obbedito...
- E’ la giusta scelta. Guadagnarsi la vita con la cerimonia del te non è bene. I tempi cambiano. Come cambia l'arte del te.
- Mi scusi: il signor Soji, veramente è morto compiendo seppuku?
- Cosa ti riguarda? La sua vita riguardava solo lui. E comunque sia morto, anche fosse con orecchie e naso mozzate, con lui scomparve un grande maestro del te.
- Ricordo sempre quella strana notte al padiglione. C’era il signor Soji. Ma chi era l'ultimo ospite, maestro?
- Cosa importa chi occupasse il terzo posto? C’era chi poteva occuparlo e chi no. Honkakubo: lascio scegliere a te.
Le fredde parole possono lasciar immaginare che Rikyu tratti bruscamente il suo discepolo.
E' invece con tangibile affetto - e solamente il grande Mifune poteva rendere appieno queste difficili sfumature - che gli porge con un sorriso verità dure da ricevere quanto necessarie.
Honkakubo non deve chiedere ad altri di sciogliere i suoi dubbi: deve fare le sue scelte.
Nell'anniversario della morte del maestro, il 28 febbraio, Honkakubo si reca come ogni anno a Kyoto per visitarne la tomba al tempio Daitokuji.
Qui incontra di nuovo Urakusai.
Questi ricorda ancora i tempi dell'assedio di Odawara, ove Soji da una parte e Rikyu dall'altra preparavano alla morte tanti valorosi guerrieri.
Non poteva morire in serenità Rikyu, dopo avere vissuto questa esperienza.
La sostanza del te non era un luogo di meditazione, ma il luogo ove sceglieva la sua morte.
Così fu anche per Furuta Oribe, grande guerriero e grande maestro del te.
Era il samurai che assieme a Sansai Hosokawa si trovava lungo il corso del fiume a rendere omaggio a Rikyu che partiva in esilio, sfidando la collera del suo signore.
Urakusai sogna ad occhi aperti: si trova trasportato in una sala di cerimonia, ove Rikyu officia per Oribe appena tornato da una sanguinosa battaglia.
Inseguendo il filo dei suoi pensieri, Uraku osserva che dopo il tempo di Rikyu, giunse il tempo di Oribe, che ne raccolse l'eredità di maestro indiscusso (fu cerimoniere degli shogun Tokugawa).
Oribe è quindi una figura essenziale per comprendere cosa sia successo nel mondo del te.
Honkakubo si era recato nel 1610 a visitare Oribe, 10 anni dopo la grande battaglia di Sekigahara che aveva posto termine all'era di grandi battaglie e grandi tragedie in cui era vissuto il maestro.
L'incontro fu cordiale, e lo stile di Oribe durante la cerimonia colpì profondamente Honkakubo. Ricordava quello di Rikyu, pur rimanendo indiscutibilmente quello di Oribe.
Durante l'incontro Oribe confermò l'immensa forza morale di Rikyu, lasciando intendere che volontariamente, coscientemente, affrettò il suo destino per non venire meno ai suoi principi. Nessuno però può veramente sapere cosa abbia pensato in punto di morte, e che cosa nei giorni immediatamente precedenti, quando attendeva nell'esilio della sua Sakai il compiersi del destino.
Questo enigma tormenta Oribe. Che mostra infine ad Honkakubo un oggetto: un cucchiaio da te, opera di Rikyu, che glielo ha donato.
"Un oggetto - osserva Honkakubo con commozione - che deve racchiudere gli ultimi pensieri del nostro maestro."
E' qui che Uraku ha una improvvisa intuizione: la morte di Oribe fu un estremo atto di fedeltà alla memoria di Rikyu.
Ha vissuto ancora per molti anni dopo la scomparsa di Rikyu, ma solo per attendere il momento adatto.
Per lui sopravvivere sarebbe stata un'onta.
Dopo oltre 20 anni infatti, come Rikyu, anche Oribe scomparve compiendo seppuku, dopo essersi ribellato al signore Tokugawa ed essere stato da lui catturato dopo un lungo assedio al castello di Osaka.
Era sicuramente Oribe il misterioso terzo personaggio presente a quella cerimonia di tanti anni prima, assieme a Soji e a Rikyu.
Adeguandosi alla calligrafia appesa nel tokonoma, si scambiarono una promessa di morte:
"La parola nulla non ci guida a nulla. La parola morte cancella ogni cosa!"
E fedeli a quel giuramento, Rikyu, Soji, Oribe affrontarono la morte.
Nel dicembre dell'anno seguente, Honkakubo tornava nel suo eremo, mentre cadeva fitta la neve. Un ospite imprevisto lo sta cercando, e chiede ad un legnaiolo dove si trovi la sua casa.
Si tratta di Sen no Sotan (1576-1658), nipote di Rikyu. Divenne il maestro della scuola Sen succedendo al padre Shoan. E'interpretato da Taro Kawano.
Sotan era ancora un ragazzo all'epoca della scomparsa del nonno. Ha cercato a lungo Honkakubo, ma nessuno aveva saputo dargliene notizie certe.
Anche lui continua incessantemente da allora a chiedersi le ragioni della tragedia. Eppure ricorda che l'ultimo periodo fu molto sereno per Rikyu, che celebrava più volte al giorno la cerimonia, facendo dell'arte la sua vita.
Lo stesso Hideyoshi ne era attratto, e per ben cinque volte partecipò alla cerimonia. Eppure improvvisamente, dopo avere colmato di onori Rikyu, improvvisamente il signore andò in collera con lui.
Fu allora che decise di prendersi la sua rivincita.
Sotan riparte. Honkakubo rimane ancora una volta solo con i suoi pensieri. Finché un messaggero trafelato appare alla porta. Uraku è gravemente malato, e cerca di lui. Un cavallo è in attesa fuori della capanna.
Uraku è ormai agonizzante, e anche la furia degli elementi sembra partecipare della gravità del momento: la grandine crepita sulle pareti di carta.
Uraku non vuole rassegnarsi al suo destino, non accetta una morte ignava per malattia, dentro al suo letto.
Se vuole conoscere cosa abbia pensato Rikyu nel momento supremo, anche lui deve compiere seppuku.
Honkakubo avverte la necessità di assistere Uraku nel suo ultimo percorso, e gli rivela quanto appena appreso in sogno da Rikyu, nel corso dell'ennesima onirica cerimonia.
Il 26 febbraio del 1591 gli giunse un messaggio: doveva lasciare Sakai e tornare a Kyoto.
Si mise immediatamente in viaggio.
La mattina del 28 era sul punto di celebrare per l'ultima volta nella sua vita la cerimonia, quando senza alcun preavviso la porta scivolò sulle guide, ed apparve il taiko Toyotomi Hideyoshi in persona.
Rikyu ricorda che è dalla primavera del 1574 che si trova al servizio di Hideyoshi. Molti anni sono passati.
Dichiara di essere ora a conoscenza che questo è il giorno dell'addio.
Hideyoshi, visibilmente imbarazzato, replica che questo non è ancora detto, che non è sicuro che Rikyu debba andare via.
Rikyu rifuta sprezzantemente: tra gli innumerevoli doni di cui deve ringraziare Hideyoshi, considera la morte come quello forse più importante.
E' in virtù di questo ultimo dono che Rikyu ha potuto finalmente comprendere l'essenza dell'arte del te, e ha conquistato finalmente la piena libertà del corpo e dello spirito.
Solo l'avvicinarsi della morte consente di conoscere il vero.
Hideyoshi tenta di ribellarsi: se è vero che lui ha disposto a suo capriccio della vita di Rikyu, questi ha saputo tenergli testa, e come Hideyoshi ha usato Rikyu, Rikyu ha usato Hideyoshi.
Rikyu non nega: ma ricorda che è stato Hideyoshi a sfoderare la spada: gesto questo che esige risposta, e che non gli lascia altra scelta che sfoderare la sua spada, seguendo le regole che un maestro del te ha l'obbligo di osservare.
Se Hideyoshi ha agito da sovrano, Rikyu agirà da vero maestro del te.
Fallito il suo nobile tentativo di creare, con l'aiuto del potere, uno spazio libero dal male, Rikyu sente il dovere di pagare il suo errore e denunciare l'orrore.
La manifestazione materiale del titanico scontro spirituale tra i due personaggi fu l'uso della stanza del te costruita da Hideyoshi: se ne vide fermamente negare l'accesso da Rikyu.
Averne disposto la costruzione non costituiva prova che lui fosse degno di entrarvi, a meno che non lasciasse fuori dell'ingresso il suo orgoglio e la sua sete di potere.
I due non hanno più nulla da dirsi: in risposta all'ennesimo tentativo di Hideyoshi di convincerlo a desistere, Rikyu freddamente chiede il pemesso di congedarsi.
Il congedo da Hideyoshi è stato freddo e deserto, come deve essere secondo Rikyu l'essenza dell'arte del te. Il congedo da Honkakubo è toccante.
Ricevendo il te rifiutato a Hideyoshi, il discepolo non riesce a trattenere le lagrime. Rikyu gli ricorda, e qui si confondono i tempi della vicenda e scompare ogni limite tra il sogno e realtà:
"Già una volta ci siamo separati, su un sentiero freddo e deserto, il mio sentiero, su cui tu non devi entrare. Un percorso senza fine, che un giorno non avrà più ragione di essere ma che Rikyu deve percorrere e che con Rikyu deve scomparire."
Il morente Ukaku ha a sua volta una visione: gli ospiti che devono assistere alla cerimonia di addio di Rikyu stanno arrivando nel giardino, deve andare a raggiungerli.
Una lunga schiera di personaggi, nomi che il mondo ancora conosce, si fa strada nel buio, su un cammino segnato da candele.
Davanti a loro Rikyu celebra la cerimonia. Uraku trova la forza di alzarsi dal letto di morte, ed accetta il te del maestro.
Siamo ora nel cortile ove Rikyu, immenso nella dignità di chi affronta volontariamente la morte, sta preparandosi a cadere come un fiore di ciliegio.
In sincronia con i gesti di Rikyu, anche Uraku si denuda il ventre, afferra una lama immaginaria, e muore nell'atto di compiere simbolicamente seppuku.
Ha avuto anche lui la morte che cercava. Quella di un maestro del te.
Una folata di vento porta via i petali dei ciliegi. Il 13 dicembre 1621, morì così il maestro Uraku.
Come era morto 30 anni prima il maestro Rikyu, come morirono i maestri Toyobo, Soji, Oribe.
Così muore un maestro del te.
Honkakubo ancora una volta è in cammino.
Dopo essere tornato nel suo eremo, dopo avere ancora una volta, solitario, officiato la cerimonia, lo vediamo ora incamminarsi su un sentiero, freddo e deserto.
Sappiamo che non può essere quello di Rikyu: è finalmente il sentiero di Honkakubo.