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Akira Kurosawa: 1965 - Barbarossa (Akahige) - Toccare il fondo

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Yasumoto ha bisogno di annientare le sue convinzioni e le sue aspettative prima di poter accettare quanto gli viene imposto. Non è assolutamente in grado di rendersi conto della necessità di questo trauma salutare. Una serie di umilanti sconfitte lo porterà a comprendere la debolezza che si cela dietro il suo orgoglio professionale, ma proprio questo orgoglio, finalmente asservito ad una giusta causa, gli darà la forza di risorgere.

Una delle pazienti dell'ospedale viene tenuta in isolamento dentro un edificio isolato, ove solamente una infermiera può avere accesso. Si dice di lei che sia bellissima, e che abbia già ucciso tre uomini attirandoli tra le sue braccia per poi trafiggerli col kogai, lo spillone che le donne giapponesi portavano tra i capelli.

Nei momenti di ozio dovuti al suo ostinato "sciopero" Yasumoto ottiene altre informazioni dall'infermiera. La ragazza ha avuto una infanzia travagliata, ed è stata vittima degli uomini.

L'interesse di Yasumoto travalica probabilmente quello professionale. La storia indubbiamente lo intriga, e la bellezza della ragazza, per quanto solo intravista da lontano mentre si dibatteva in preda ai suoi tormenti, lo attrae.

Un giorno viene dato l'allarme: approfittando in un attimo di disattenzione dell'infermiera la ragazza è fuggita.

Non poteva andare lontano, e d in cerca di un rifugio è arrivata proprio nella stanza di Yasumoto (è interpretata da Kyoko Kagawa, una delle attrici più utilizzate da Kurosawa).

 

 

 

 

 

 

Lui ascolta affascinato il torrente di parole della donna, che gli narra di una vita di sofferenze.

E' stata vittima di tutti gli uomini che ha conosciuto, che l'hanno presa con la violenza e le minacce, fin da quando era solamente una bambina.

 

 

 

 

 

 

Quando lei gli si getta tra le braccia Yasumoto non tenta nemmeno di fermarla.

Ma si si ritrova in un attimo legato, senza che si renda conto di come sia successo, e la ragazza, estratto lo spillone, vince con una forza sovrumana ogni sua resistenza e lo trafigge sul collo.

Solo l'intervento provvidenziale ed in extremis di Akahige, che alla ricerca della donna capita per caso nella stanza, salva Yasumoto dalla morte.

 

 

Ferito nel corpo ed umiliato nell'orgoglio, Yasumoto ha iniziato solo a scalfire la superficie della verità. Dovrà essere ancora umiliato ripetutamente, non da uomini o circostanze esterne, ma da se stesso e dalla sua assoluta immaturità, prima di poter iniziare la risalita.

Akahige chiede - non appena è guarito dalla ferita - il suo parere professionale su un malato, il morente Kokusuke: un valente artigiano da tutti rispettato.

E' secondo Yasumoto un evidente caso di tumore intestinale, giunto all'ultimo stadio. Akahige dissente: quella è l'origine della malattia, non la causa: le malattie degli uomini sono dovute spesso a cause di sofferenza morale e materiale di cui la malatta è solo un sintomo.

E se ne va, richiamato altrove da un'urgenza, chiedendogli di vegliare gli ultimi istanti del moribondo: la morte è il momento più solenne nella vita di un essere umano, Yasumoto deve assisterlo in questo momento supremo.

L'agonia di Kokusuke è terribile: Yasumoto sente che non potrà resistere.

L'intervento d'emergenza cui è stato chiamato il primario richiede altrove anche lui, con suo grande - ma temporaneo - sollievo.

Akahige sta operando d'urgenza una operaia ferita in un incidente sul lavoro.

Ha una grave ferita all'inguine che va ripulita e suturata, e l'operazione ovviamente, non esistevano veri e propri anestetici all'epoca, va eseguita mentre è pienamente cosciente, causandolei insopportabile sofferenza.

 

 

L'incarico di Yasumoto è semplicemente di tenerla ferma per permettere ad Akahige a all'assistente Mori, figura positiva che lo ammira incondizionatamente e vorrebbe emularlo, di portare a termine l'operazione.

Yasumoto non regge: sviene.

Ha toccato oramai il fondo. Sta a lui se desistere, e restarvi, o se affrontare la risalita.

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