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Hayao Miyazaki: 2013 - Si alza il vento - Lo Zero

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Sappiamo già che il Mentore o forse - per rimanere sul suolo italiano - il Virgilio della situazione è l'ingegner Caproni.

La sua presenza è costante, non solamente nei sogni di Jirō ma anche nelle sue letture; lo ritrova fin da quando da ragazzo quando sfoglia  assieme alla sorella Kayo riviste ed articoli di giornale, ne studierà a lungo i testi all'università.

Lo ritroverà perfino, ennesimo segno del destino, in una cartolina postale proveniente dall'Italia che il vento - sempre il vento - ha portato fino a lui, sottraendola alle fiamme del terremoto del Kantō .

 

 

 

Dopo l'università Jirō  viene assunto come progettista dalla Mitsubishi.

Il suo capo è un buffo ometto sempre in moto, irrimediabilmente burbero e sempre di modi sbrigativi.

Ma che si dimostrerà in seguito molto umano, proteggendo sia Jirō che la sua vicenda d'amore con Nahoko.

 

 

 

 

 

 

 

Le sue idee sono audaci ed innovative, ma tecnicamente ineccepibili.

Non tarda ad ottenere fiducia da Kurokawa e dal direttore della fabbrica e a diventare il coordinatore di importanti gruppi di lavoro.

La tecnologia giapponese però è ancora troppo arretrata  né i motori né la struttura degli aerei, ancora in legno e tela, è in grado di dimostrarsi all'altezza della migliore produzione occidentale.

 

 

 

 

 

Attraverso un'altalena di momenti esaltanti e di prove fallite, con la distruzione di diversi prototipo e talvolta con gravi rischi per i piloti collaudatori, la marcia di Jirō verso il progresso continua.

Nonostante tutto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Verrà deciso infine di inserirlo tra le persone selezionate per partecipare ad una missione in Germania, ove esamineranno e studieranno le tecniche di avanguardia dell'alleato.

In realtà i militari tedeschi non sono disposti a rivelare a nessuno i segreti della loro tecnologia e a Jirō  viene impedito di esaminare da vicino gli apparecchi, nati per uso civile ma di cui stanno già studiando la trasformazione ad uso bellico.

Interverrà in suo favore una persona cui tutti sembrano prestare la massima obbedienza: è l'ingegnere Junkers, fondatore e proprietario della omonima fabbrica, quella che stanno visitando.

 

Hugo Junkers (1859-1935) è il padre dello J1, il primo aereo costruito in metallo, e dello G38 - conoosciuto anche come Ju38 - che aveva destato l'attenzione dei due giapponesi.

Si tratta di un quadrimotore civile costruito interamente in alluminio ondulato, come il più noto successore, il trimotore Ju52, di cui un esemplare ancora vola regolarmente in Renania, a distanza di oltre 80 anni dalla costruzione del primo esemplare

E' proprio a bordo dello Ju38 che vedremo poco dopo volare Jirō ed il collega Kiro Honjō, che lo ha accompagnato nel viaggio e che grazie a questa esperienza diventerà progettista di aerei pesanti da bombardamento.

La filosofia dell'aviazione tedesca è completamente diversa da quella di Caproni, che Jirō  continua ad incontrare nei suoi sogni per partecipare ad un fantastico viaggio di inaugurazione del Ca90, di cui nella realtà venne costruito un solo prototipo provato come bombardiere, ma che qui vediamo riempito fino all'inverosimile da una festosa comitiva composta dagli operai della fabbrica che lo ha costruito e dai loro familiari.

Caproni fa partecipe Jirō della sua visione del mondo e della missione di pace e fratellanza che gli aerei sono destinati a compiere, nonostante l'uso distorto di cui ne fa uso al momento la follia umana.

La conversazione si svolge sull'ala superiore del maestoso apparecchio, che rimase a lungo il più grande aeroplano terrestre del mondo (l'idrovolante DoX era di dimensioni ancora maggiori) ed è tuttora il più grande biplano mai costruito.

Tornato in Giappone Jirō continua nella sua altalena di entusiasmanti successi e dolorosi fallimenti, necessari allo sviluppo di nuove tecnologie e nuovi aerei.

Ma ogni nuovo passo lo avvicina sempre di più alla sua meta.

Forse lo avvicinano di più le sconfitte, dopo ognuna delle quali raccoglie meticolosamente e con infinita pazienza i rottami dei prototipi per analizzare le cause degli insuccessi.

Solo.

Nei momenti di successo è invece sempre attorniato da una folla festante e da militari interessati.

 

Anche in patria è destinato ad avere problemi, sia con loro sia con la polizia segreta, che agisce con gli stessi metodi che aveva già visto all'opera con quella tedesca.

Lo proteggeranno Kurokawa ed il direttore della fabbrica, Hattori, sottraendolo a queste attenzioni non gradite.

Diventerà il capo carismatico di un gruppo di giovani ed entusiasti ingegnerei, pronti ad ogni sacrificio per realizzare macchine volanti sempre più perfette.

 

 

 

 

E' arrivato finalmente il giorno in cui Jirō Horikoshi può dimostrare al mondo di avere avuto sempre ragione.

Il prototipo del suo Mitsubishi A5M, un caccia destinato alla marina, supera ogni aspettativa in termini di velocità, manegevolezza, robustezza.

Jirō però non fa caso a quanto accade intorno a lui. Nemmeno guarda più il suo aereo.

Un colpo di vento improvviso gli ha ricordato Nahoko.

 

 

 

 

E' solo un ulteriore passo, ma ce ne sarà almeno un altro, ancora più importante e decisivo.

Pochi anni dopo è pronto per i primi collaudi l'A6M, che passerà alla storia con un altro nome: lo Zero, uno dei più celebri aerei da caccia di ogni epoca ed ogni teatro di guerra.

Il capolavoro di Jirō Horikoshi.

Un capolavoro che gli lascia il fiele in bocca. Vediamo ora lo sconsolato Jirō aggirarsi, solo come sempre nel momento della sconfitta e del dolore, in mezzo alle immani rovine lasciate dalla guerra, in  mezzo ai rotttami soprattutto delle macchine che avrebbe voluto vedere impiegate in altro modo, non macchiate di sangue.

 

E' però ancora al suo fianco, un sogno più reale della realtà, l'ingegnere Giovanni Battista Caproni.

Gli ricorda che loro non sono responsabili della follia altrui, ma soprattutto che gli aerei, terminato quell'interminabile triste periodo di guerre e di lutti, torneranno finalmente a portare gioia e progresso al genere umano.

 

 

 

 

 

 

 

Lo invita a guardare lontano.

A guardare nel cielo.

Una squadriglia di aerei si avvicina. Si riesce a distinguere nelle carlinghe i volti dei piloti, per quanto celati in parte dalla tenuta di volo.

Sono sereni, sorridono.

Salutano.

Salutano Jirō Horikoshi e Giovani Battista Caproni, e si allontano nel cielo per unirsi ad un'altra infinita schiera .di Zero, che volano sempre più in alto fino a scomparire allo sguardo.

 

 

 

Ma c'è ancora altro da guardare, e Caproni vuole che Jirō se ne renda conto.

C'è qualcosa da guardare anche altrove.

Lo indica la folata di vento che si è levata.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Accompagnata da quell'ombrello che tanto ha significato per loro due, Nahoko è venuta. Assieme al vento.

Ha qualcosa da dire a Jirō:

Il faut tenter de vivre.

 

 

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