Haiku
Matsu-Kaze: riflessioni sull'arte dello haiku - Fuyu: inverno
Article Index
Fuyu: inverno
Basho
(1644-1694)
Ochikochi ni
taki no oto kiku
ochiba kana
Lontano e vicino si ode
crosciar di cascate
tra foglie cadute
kigo:
ochiba, “foglie (ha) cadute (ochi)”
“Lontano e vicino” (ochi-kochi) amplifica lo spazio e sottintende le diverse intensità del suono delle acque nel bosco.
Basho
Fuyugare ya
yo wa hito iro ni
kaze no oto
Desolazione invernale
in un mondo d'un solo colore
il suono del vento
kigo:
fuyu-gare “desolazione (kare) d’inverno (fuyu)”
Basho
Toginaosu
kagami no kiyoshi
yuki no hana
Chiaro diviene
e puro lo specchio
tra fiori di neve
kigo:
yuki no hana, “fiori di neve”: i cristalli di ghiaccio
Il poeta si riferisce a uno specchio materiale o alla sua mente, diventata limpido specchio tra i cristalli di neve?
Taigi
(1709-1772)
Hakikeru ga
tsui ni wa hakazu e
ochiba kana
Spazzarle via
e poi non spazzar più
le foglie cadute
All’inizio dell’inverno il poeta spazza le foglie morte che il vento ammucchia sulla soglia ma, con l’inoltrarsi della stagione, i mucchi di foglie sono sempre più grandi e spazzarle diviene inutile.
Così il poeta s’arrende, accettando che la natura faccia il suo corso. Depone l’inutile ramazza e passeggia sul tappeto di foglie odoroso e frusciante.
Buson
(1715-1783)
Suisen ni
kitsune asobu ya
yoi tsukiyo
Fra i narcisi
giocano le volpi
bella notte di luna
kigo:
suisen, “narcisi”
Un quadretto di vita selvaggia al chiaro di luna, con un sapore di mistero. Le volpi, infatti, in Giappone spesso sono metamorfosi di spiriti della natura. In questo caso le volpi possono essere semplicemente tali, o essere dèi che danzano sotto la chiara luna d’inverno.
Le due cose sono possibili, entrambi sono reali ed è la capacità di trasfigurare la realtà materiale (capacità che i Greci chiamarono poiesis e ritennero un dono divino) che contraddistingue il poeta.
Buson
Furuike no
oshidori ni yuki furu
yûbe kana
Vecchio stagno
sulle anatre cade la neve
sul far della sera
kigo:
yuki furu, “cade (furu) la neve”;
oshidori: “anatre mandarine”
Una scena invernale ritratta nella sua immediata espressività, come in un rapido schizzo tracciato col pennello e la china: un vecchio stagno, alcune anatre che galleggiano placidamente, quasi immobili; la neve che fiocca lenta sul far della sera. Una scena che infonde un sentimento soffuso di solitudine, silenzio, nostalgia: l’anima dell’inverno si riflette in quella del poeta come in uno specchio.
Seisei
(1869-1937)
Chikurin ni
shigure fukikomu
yûbe kana
Nel bosco di bambù
soffi di gelida pioggia
sul far della sera
Arô
(1879-1951)
Hiyodori no
sorekiri nakazu
yuki no kure
Un uccello ha cantato
poi di nuovo silenzio
nel tramonto nevoso
“Il vento cessa ma ancora piovono fiori. Un uccello canta: la montagna si fa ancor più misteriosa”. (Zenrinkushu)