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Kenji Tokitsu: Lo zen e la via del karate
Kenji Tokitsu
Lo zen e la via del karate
Per una teoria delle arti marziali
Sugarco, 1989
Se esistesse un premio Ignobel per i titoli, questo libro potrebbe essere un serio concorrente con buone possibilità di vittoria. Se non fosse che gli emuli della interminabile serie Lo zen e... si contano ormai a decine, la concorrenza è quindi spietata.
Il sottotitolo, Per una teoria delle arti marziali, fa comprendere però che il titolo è dovuto solamente all'ennesimo colpo di genio degli oscuri funzionari della casa editrice, essendo risaputo che zen e teoria sono due parole che non dovrebbero nemmeno mai apparire assieme nella stessa frase, non essendo di fatto compatibili. Il titolo originale è molto più semplicemente ed appropriatamente La voie du karate.
Kenji Tokitsu (1947) si è laureato in sociologia all'Università di Tokyo e da molti anni vive in Francia ove è attivo, oltre che nell'insegnamento del karate, anche nella pubblicazione di numerosi testi che si tengono in equilibrio tra l'accurata ricerca storica e la moderna ricerca sociologica, quasi sempre alla ricerca non del come si debbano praticare le arti marziali, ma del perché. E con quale retaggio e bagaglio culturale.
E' insomma una delle figure piú attive nel non facile compito di dare una solida base filosofica, morale e sociale al complesso mondo delle arti marziali.
Tokitsu non si limita qui a parlare di tecnica, non si limita a tracciare un profilo storico di questa o quella arte marziale. Si pone delle domande molto piú essenziali e molto piú difficili da evadere: perché l'uomo combatte, come si deve preparare al combattimento, come puó e deve preservare nel corso del combattimento i suoi principi morali?
Il percorso proposto nelle opere di Tokitsu è inusuale, e lascerà sicuramente sconcertati coloro che vanno a caccia di improbabili quanto frequentissimi testi del tipo Tutto il karate in 12 lezioni. Altrettanto certamente peró le arti marziali hanno molto bisogno di libri come questo, e di budoka che sappiano porsi determinate domande e cercarne le risposte.
Nel karate io cerco un'acquisizione culturale che si apra su una modalità di esistenza dell'uomo. Nell'intendimento della società giapponese feudale, la via delle arti marziali presiedeva alla totalità dell'esistenza. Io penso che ancor oggi vi si possa cercare uno dei mezzi per arricchire ed equilibrare la vita, ma penso anche che quest'ultima non possa più, nell'odierna società, fondarsi esclusivamente su quella via, che corrispondeva alla coerenza di un'epoca ormai remota. Un simile atteggiamento potrebbe portare solo a un misticismo passatista.
Sono racchiusi in questa frase della introduzione il senso della ricerca di Tokitsu, ed il senso di questo libro. Si può concordare o meno sulle sue posizioni od impostazioni, non sembra il caso di dubitare della serietà delle sue motivazioni e della sua ricerca. E ancora:
Io vedo dunque nel karate un modo per mettere in causa il nostro rapporto con i nostri stessi gesti e in senso lato con il nostro corpo. E solo quando, attraverso la pratica del budo, si è accresciuta l'intensità dell'esistenza di sé, può essere affrontato il combattimento ad alto livello. In questo tipo di lotta bisogna insieme cogliere l'altro e restare consapevoli di sé. La specificità di questo rapporto con se stessi e con l'altro nel combattimento budo è appunto quanto vorrei esplicitare.
Apparentemente questo aspetto del rapporto che Tokitsu cerca di stabilire attraverso le arti marziali con se, con il prossimo e con l'intero mondo in cui vive, esula dall'interesse di chi pratica una arte marziale non competitiva, di tipo quindi formale o relazionale se vogliamo seguire la terminologia da noi stessi proposta altrove.
In realtà l'obiezione va respinta senza riserva: il praticante di una arte marziale formale ha scelto di superare prima di uscire all'esterno il combattimento con se stesso, un combattimento che è nel suo stesso interesse mantenere su un alto livello. Chi segue una via relazionale, come l'aikido, ha accettato anche di procedere assieme a compagni occasionali, di volta in volta diversi, con ognuno dei quali è chiamato a percorrere assieme un tratto della via. Ed è anche questo un combattimento, e di livello non infimo.
Il piano dell'opera:
1 Che cos'è il karate?
2 Budo e karate goshin-do
3 La dimensione della tecnica del corpo
4 La dimensione di maai e yoshi *
5 La dimensione di yomi **
6 Cinque maestri di sciabole dell'epoca Edo
Dei maestri di spada menzionati, il termine sciabola è consueto nelle traduzioni dal francese ma lo riteniamo inappropriato, non vengono trattate le vite ma riportati e commentati alcuni brani significativi dei loro scritti sull'arte della spada. Itsusai Chozanshi, che viene trascritto altrove come Issai Chozanshi o anche Shissai Chozan, è il nome d'arte di Niwa Jurozaeomon Tadaaki, un uomo d'arme di cui si sa molto poco. Anche di Ito Ittosai, leggendario guerriero, si sa molto poco, e non ha lascito testimonianze scritte. Vengono riportati brani dagli Scritti sul maestro di spada Ito Ittosai di Kotoda Yahei, discendente del primo discepolo di Ittosai, Kotoda Toshinao.
Ryu: | Opere: | ||
Yagyu Munenori | (1571-1646) | Yagyu Shinkage ryu | Heihô kadensho |
Ito Ittosai | (1560 - 1653) | Itto ryu | |
Miyamoto Musashi | (1584-1645) | Ni Ten Ichi ryu | Gorin no sho |
Enmei ryu Kenpo sho | |||
Yoho Sanjugo | |||
Itsusai Chozanshi | (1659-1741) | Tengu geijutsu ron | |
Matsuura Seizan | (1760-1841) | Shingyoto ryu |
Joseishi kendan |
Kenko |
|||
Kasshiyawa |
* Il maai, spesso trascritto ma ai, è la giusta distanza di lavoro: evitiamo di proposito il termine combattimento; yoshi, un concetto meno esplorato ma di cui parlava già il grande Miyamoto Musashi nel secolo XVII, è il giusto tempo, scomponibile in cadenza e ritmo.
E' scontato dire che una azione corretta è solamente quella in cui ci si trova relazionati ottimalmente rispetto all'oggetto o persona con cui interagire, sia dal punto di vista spaziale che da quello temporale.
Nel diagramma di Tokitsu viene indicata nello spazio A-B la condizione in cui si verifica uno sfasamento tra la coscienza ed il movimento fisico.
** Nelle parole di Tokitsu la definizione di yomi, «arte di divinare e prevedere l'avversario»:
La dimensione di yomi non è chiusa giacchè si estende a campi mistici e religiosi più che razionali, in particolare agli stati mentali metapsichici cui tendono certe religioni.
tuttavia:
In questa sede parlerò della dimensione di yomi solamente per quanto essa ha di tangibile, facendo riferimento alle mie letture ed alla mia esperienza personale. Mi limiterò a presupporre, a proposito della dimensione di yomi nelle arti marziali giapponesi, l'esistenza di un campo più vasto, molto difficilmente evidenziabile, ma che tuttavia non corrisponde all'interpretazione mistica.