Haiku
Mario Polia: Haiku
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Haiku
Morphema, 2016
La cultura giapponese non ha mai rinunciato al contatto con la natura, traendone ispirazione ed energia creativa. Non ci si meravigli quindi se anche e forse soprattutto la poesia nipponica, non esclusa anzi per prima la forma poetica più nota tra di noi, l'haiku, trae la sua linfa vitale dal susseguirsi delle stagioni. Esiste però una differenza fondamentale tra la teoria occidentale del ciclo annuale di vita e quella orientale.
Abbiamo quindi ritenuto opportuno iniziare un dialogo col curatore e traduttore di questa raccolta, il professor Mario Polia, che possa aiutare il lettore a inquadrare il fenomeno degli haiku nella sua giusta cornice.
Come mai questa raccolta esce in cinque volumi separati, visto che rappresenta un tutt'uno?
La scelta di pubblicare la mia raccolta di haiku in cinque volumi rispetta la tradizione giapponese. In Giappone le raccolte di haiku rispettano l'andamento delle stagioni. Inoltre la suddivisione dell'antologia in quattro tomi permette di portarsi dietro un volumetto alla volta [N.d.r.: che, presumiamo, sarà di volta in volta quello intonato alla stagione che si sta vivendo il quel momento].
In occidente siamo però abituati a suddividere il ciclo annuale in quattro stagioni, qui ne troviamo cinque. Quale è la ragione, e cosa rappresenta la quinta stagione?
La prima brevissima stagione che inaugura l'anno nuovo (shinnen), precede immediatamente la primavera (haru). Vengono poi l'estate (natsu), l'autunno (aki) e l'inverno (fuyu).
Nel primo volume, inoltre, vi è un'accurata introduzione al genere poetico haiku; seguono poi brevi biografie degli autori e la lista in ordine alfabetico delle parole o espressioni che caratterizzano la stagione (kigo). Questa mia antologia contiene più di 600 haiku. Ad ogni haiku è dedicata una pagina strutturata in questo modo: testo giapponese in caratteri del nostro alfabeto; traduzione del poema; analisi delle parole e del loro significato; commento al testo specie per quanto riguarda il contenuto e il sistema filosofico-religioso (shinto o buddhista) che, spesso, è riflesso nello haiku. Anche la scelta di dedicare ogni singola pagina a una sola composizione rispetta la tradizione giapponese.
Ci sono ragioni particolari per la caratteristica metrica utilizzata negli haiku, o è semplicemente un ritmo che suona gradevole alla mente e al cuore?
Risponde a una tradizione molto antica, direi che è un ritmo che, oltre ad essere gradevole, aiuta a recepire la poesia: cinque sillabe introducono; sette sviluppano; cinque chiudono.
Ci sono o sono ipotizzabii paralleli con la metrica della poesia classica greca e latina?
Sebbene sia la poesia classica latina che quella e greca, come la giapponese, usino una metrica non basata sugli accenti ma sulla lunghezza delle vocali, escluderei ogni altro possibile parallelo.
Quali sono gli stilemi utilizzati più frequente nell'haiku, che preferisce alludere piuttosto che citare letteralmente, ad esempio non facendo mai il nome della stagione che lo ispira?
Lo haiku è il dito che mostra verso dove guardare per vedere la luna. Come potrebbe una descrizione della luna essere più efficace e più bella della stessa luna?
Quali sono le ragioni dello straordinario successo avuto dalle composizioni haiku nel mondo poetico occidentale? E questa produzione moderna nata fuori dal paese del sol levante, ne rispetta mediamente i canoni e lo spirito?
La serena composta bellezza (furyoo), la trasparente concisione del verso, i temi che ispirano la poesia giapponese (la natura colta come splendida e fugace manifestazione del Vuoto - da noi si direbbe del divino) i sentimenti che modulano il verso: la profonda compassione non scevra da nostalgia (mono-no-aware) per quella effimera bellezza che ci circonda e che, come i fiori di sakura, si ha appena il tempo di ammirare; il senso profondo del mistero che sta dietro a ogni cosa (yu-gen). Gli haiku non-giapponesi? Per scrivere un buon haiku il pennello deve essere mosso dal cuore, non basta imitare il ritmo del verso (ritmo che oggi quasi più nessuno usa).
A che serve pubblicare, oggi, una raccolta di haiku, poemi provenienti da una cultura apparentemente lontana e da tempi sicuramente diversi?:
Permettersi di godere un poco di bellezza è un privilegio raro in questo mondo convulso e distratto. La mia traduzione dal giapponese ha tenuto presente non solo il contenuto letterario ma anche la resa del ritmo del verso, quell'intima armonia fatta di sonorità e silenzio che rende la poesia diversa dalla prosa.
Leggere haiku comporta il saper diventare il foglio di carta di riso sul quale, ancora una volta, spesso a distanza di secoli, il poeta traccia di nuovo il suo poema. La lettura di haiku è una forma di meditazione e perfino di contemplazione. Fermarsi all'estetica equivale a fermarsi alla buccia del frutto. Occorre entrare nella parola e andare oltre di essa.
SHINNEN: iNIZIO D'ANNO
Moritake (1473 – 1549))
Ganchō ya
kamiyo no koto mo
omowaruru
Inizio d’anno
mi sovvengono i fatti
dell’èra degli dèi
HARU : PRIMAVERA
Teishitsu (1610-1673)
Kore wa kore wa
to bakari hana no
Yoshino-yama
Oh! Oh! Dinanzi ai ciliegi fioriti
del monte Yoshino
soltanto questo
NATSU: ESTATE
Moritake
Natsu no yo wa
akuredo akanu
mabuta kana
Notte d’estate
me ne sto a occhi chiusi
eppure è l’alba
AKI: AUTUNNO
Zuiryū (1548-1628)
Mizutori no
tsutsuki-kudaku ya
nami no tsuki
Un uccello
infrange col becco
la luna nei flutti
FUYU: INVERNO
Ryūshi
(Kawabata Ryushi? 1897-1941)
Shizukasa ya
ochiba wo ariku
tori no oto
Quiete profonda.
Sopra le morte foglie
passi d’uccello
Abbiamo riportato nella parte che precede queste note il primi poema di ognuno dei cinque volumetti di cui è composta l'opera.
Per ulteriori approfondimenti, su questo sito, di Mario Polia: