Nel 1997, quando ricevetti l'incarico di creare il sito internet dell'Aikikai d'Italia, uno dei primi vuoti da colmare nella comunicazione verso il pubblico era la definizione stessa di aikido. La gestazione non fu brevissima, per quanto una prima bozza venisse preparata in tempi rapidi, con continue consultazioni tra me ed il vice presidente Giovanni Granone che commentava sarcasticamente di non avere mai scritto tanto a qualcuno, nemmeno ai lontani tempi del suo fidanzamento. Venne soggetta però a continui adattamenti motivati dalle richieste di chiarimento, e qualche volta dai fraintendimenti, che arrivavano in continuazione dai frequentatori del sito. Che impiegò alcuni mesi a raggiungere la fatidica soglia dei 1000 visitatori, per viaggiare al momento che declinai l'incarico tra i 1200 ed i 1500 visitatori al giorno. Ma sempre senza che la scheda dell'aikido si fosse stabilizzata in una versione definitiva.
Certamente ci furono dei punti fermi. Quello di cui sono maggiormente soddisfatto nasce da una decisione istintiva, quella di lasciare la parola all'unica persona nell'universo che avesse il diritto di dare una opinione categorica e definitiva: il fondatore dell'aikido, il grande maestro Morihei Ueshiba. La ricerca non fu lunga, e la decisione non fu sofferta. Mi tornò subito alla memoria la frase che mi sembrava la più adatta, e dopo averla ritrovata, pur nell'incertezza delle approssimative traduzioni cui erano sottoposte le parole del fondatore, talvolta da me riadattate ma sempre lavorando avvolto da dubbi, fu subito chiaro che si imponeva come unica e non rinunciabile scelta:
Lo scopo dell'Aikido è di allenare la mente e il corpo, di formare persone oneste e sincere.
Non fu tuttavia una scelta indolore: molti avrebbero preferito definizioni più materiali, altri qualcosa al contrario meno terra terra, che si richiamasse ai valori immensi dell'universo e non alle nostre vicende mortali. Ho però avuto il conforto di constatare come, nel corso degli anni, ci fosse sempre un numero non indifferente di persone, di dojo, di associazioni, che cogliesse l'importanza di questa definizione e decidesse di ripubblicarla, se non addirittura di adottarla come presentazione.
In quanto al resto, credo che sia opportuno ripresentare integralmente l'ultima versione di quella scheda, come documento dei tempi. Certamente anche questa volta la tentazione di ripulirla, di adattarla ai tempi, ha fatto immediatamente capolino. Ma non è possibile decidere per un nuovo cammino senza riflettere bene su quello percorso fino ad allora. Di conseguenza la ripresento tale e quale, con adattamenti limitati alla impaginazione. Sarebbe interessante sapere se riesce in qualche modo a resistere al trascorrere del tempo oppure se - fermi ed inamovibili restando i principi dell'arte - debbano essere presentati al mondo con parole diverse. Attendo conferme e/o smentite.
Lo scopo dell'Aikido è di allenare la mente e il corpo, di formare persone oneste e sincere. (Morihei Ueshiba).
A prima vista l'Aikido si presenta come un elegante metodo di ricerca dell'equilibrio fisico e psichico mediante la pratica controllata di antiche tecniche di derivazione marziale, finalizzate alla neutralizzazione, mediante bloccaggi, leve articolari e proiezioni, di uno o più aggressori disarmati o armati.
Sintesi ed evoluzione di antiche tecniche mutuate dal ju-jutsu classico, dal kenjutsu (la tecnica della spada) e dal jojutsu (tecnica del bastone), l'Aikido trova la propria originalità ed efficacia in una serie di movimenti basati sul principio della rotazione sferica.
Contrariamente ad altre arti marziali incentrate sui movimenti lineari (avanti, indietro, in diagonale) , le tecniche dell'Aikido si fondano e si sviluppano prevalentemente su un movimento circolare il cui perno è colui che si difende. In tal modo egli stabilizza il proprio baricentro, decentra quello dell'avversario attirandolo nella propria orbita, e può sfruttare a proprio vantaggio l'energia prodotta dall'azione aggressiva fino a neutralizzarla.
Aikido significa letteralmente Via dell'energia e dell'armonia, da:
L'aikido è il risultato di lunghi anni di studio condotti dal suo fondatore, Morihei Ueshiba, nel campo delle principali specializzazioni della tradizione marziale giapponese, conosciuta in epoca feudale come Bujutsu.
Conosciuto anche con l'appellativo di O Sensei, Grande Maestro, Morihei Ueshiba inizia a praticare jujutsu all'età di 13 anni e trascorre i successivi venticinque studiando l'uso della lancia, del bastone, della spada, le tecniche di combattimento a mani nude e altre ancora presso le più importanti scuole dell'epoca, eccellendo in ogni campo di applicazione.
Negli anni venti, su pressione di molti praticanti e appassionati di arti marziali, si trasferisce a Tokyo dove nel 1932 apre una sua scuola, che al giorno odierno si chiama Honbu Dojo ed è il centro mondiale dell'aikido. Fino alla sua scomparsa, avvenuta nell'aprile del 1969, O Sensei continua a perfezionare la sua arte ed a formare i suoi discepoli.
In Aikido la perfezione dell'esecuzione è direttamente proporzionale al raggiungimento della totale coordinazione fra la mente che comanda l'azione e il corpo che la esegue, senza la minima interposizione del pensiero cosciente. Mente e corpo, ai livelli più alti della pratica, vengono integrati dall'azione del ki, l'energia cosmica che nelle filosofie tradizionali orientali permea l'universo e ogni essere vivente, e che può essere attivata mediante appropriati esercizi di respirazione addominale eseguiti con grande costanza.
L'Aikido, evolutosi in una via di elevazione morale e spirituale travalica quindi i limiti della semplice padronanza tecnica autodifensiva e si caratterizza da un lato come metodo superiore di integrazione e di coordinamento tra la mente e il corpo, dall'altro come meditazione in movimento e come via di autoconoscenza profonda che passa attraverso il superamento del pensiero cosciente e con la ricerca di un agire che scaturisca dall'immediatezza intuitiva.
La pratica dell'Aikido
L'Aikido si pratica nei dojo, parola giapponese che indica dove si segue un percorso di ricerca, sopra una materassina composta di molti elementi di nome tatami e che si chiama tatami anch'essa; si indossa il keikogi, il classico costume di cotone bianco usato per le arti marziali. Gli allievi che hanno raggiunto un grado yudansha adottano la cintura di colore nero ed indossano la hakama, di colore nero o blu scuro, veste tradizionale giapponese.
Ad eccezione dei bambini, per i quali solitamente si tengono apposite lezioni, i corsi sono aperti a tutti indipendentemente dal sesso o dall'età poiché l'Aikido è una disciplina praticabile da chiunque. Non essendo previsti pugni, calci o "spazzate" eseguite con le gambe, l'Aikido è sicuramente l'arte marziale a più bassa percentuale d'infortuni, in rapporto al numero dei suoi praticanti e dalle tante ore di allenamento.
Proponendosi in primo luogo come via di educazione morale e di mutuo rispetto, a differenza di altre arti marziali che hanno accentuato l'aspetto dell'agonismo sportivo finalizzato alla vittoria, l'Aikido rifiuta di divenire uno sport competitivo e rigetta tutte le forme di competitività o gare, poiché il desiderio di primeggiare finisce per alimentare l'egocentrismo e l'egotismo.
Per questo motivo nell'allenamento dell'Aikido non c'è un avversario da sconfiggere non ci sono un vincitore e un perdente, ma solo due persone che, con modestia e spirito di collaborazione, a turno di scambiano i ruoli entrambi parimenti importanti nell'infinito processo dell'apprendimento.
Non per questo si creda che l'Aikido sia una sorta di rappresentazione teatrale delle arti marziali. Dietro la composta eleganza dei suoi movimenti può nascondere una temibile efficacia, ma non è questo il fine che Morihei Ueshiba si prefisse.
Scopo dell'Aikido non è la creazione di un uomo invincibile, bensì di un uomo che attraverso la pratica riconosca man mano i limiti e le miserie che si celano nel suo io profondo e impari a vivere serenamente e armoniosamente con se stesso e con la realtà sociale e naturale che lo circonda.