Randori
Quando i bambini sono veramente bambini
Un embukai riservato ai bambini diventa molto spesso una vetrina dedicata all'amor proprio, dove i bambini scimmiottano gli adulti e gli adulti dimostrano il loro infantilismo. Fa molto piacere vedere un embukai 'diverso', dove i bambini rimangono tali pur senza cedimenti, mantenendo il rigore della pratica anche nei momenti di maggiore spontaneità e gioia. E fa piacere segnalarlo con il 'bollino blu'. Si tratta dalla dimostrazione di aikido dei bambini del Dojo Shizentai di Lauria, tenuta nel 2011.
Il piacere è ancora aumentato da diversi altri fattori, uno dei quali strettamente personale. Sono trascorsi molti anni da quando capitava al sottoscritto di accompagnare il maestro Hideki Hosokawa in alcuni dei suoi seminari, e i più fermi nella memoria, non sempre per ragioni positive, rimangono quelli nel sud Italia.
Innanzitutto il viaggio: era a dir poco scomodo oltre che lunghissimo. Solo la lunga assuefazione del maestro ai misteri delle Ferrovie dello Stato aveva il potere di portarci più o meno a destinazione, più o meno in tempo utile e più o meno in condizione di arrangiare qualcosa di decente sul tatami.
Era normale arrivare a Napoli, crocevia di tutti i collegamenti, con incolmabile ritardo sulla tabella di marcia e con le reni a pezzi dopo ore ed ore sul bordo faticosamente conquistato di tragici sedili di legno, ma lì entravano in gioco percorsi sotterranei ed esoterici cui il maestro si compiaceva di iniziarci, illustrandoci come e qualmente quel tale treno o quellaltro, per quanto destinati dall'orario a partire molto dopo, sarebbero infallibilmente arrivati molto prima, e sebbene ufficialmente scomodi e sovraffollati si sarebbero rivelati semideserti e se non sibaritici (per quanto si andasse spesso dalle parti di Sibari) perlomeno dignitosi. E le sue previsioni, seguite da rapidi e furtivi cambi di treno, erano infallibili.
Ero legittimamente incuriosito dal conoscere come andassero le cose in Giappone dove si presumeva che l'andazzo fosse un altro, a giudicare perlomeno dalla indignazione di cui il maestro dava immancabilmente sfogo, sempre comunque dopo aver arrangiato in qualche modo la situazione. Quindi chiedendo se i treni in Giappone ritardassero mai mi aspettavo in fondo una risposta drasticamente negativa. Eppure, venni - venimmo - a sapere che perfino in Giappone qualche volta i treni non arrivavano né partivano in orario. La logica ulteriore domanda fu: 'E lei si arrabbia come qua da noi?".
La risposta, non prevista, fu la seguente: 'No. In Giappone in casi di ritardo inaccettabile non ci arrabbiamo. Naturalmente mettiamo a soqquadro l'intero treno, sfasciando tutto quello che ci capita sottomano, e bastonando di santa ragione tutto il personale. La polizia?... no, è usanza in casi del genere: lasciano fare.' Dopo di che il maestro si concesse un sonnellino riparatore, allungandosi sui sedili, privilegio che madre natura ha sempre vietato al sottoscritto, alto 20 cm più del maestro.
Viste le premesse, non meravigliatevi se quel viaggio, che aveva come meta Lauria, iniziato nel pomeriggio a Roma terminò praticamente alle luci dell'alba del giorno dopo. Non meravigliatevi nemmeno che nessuno fosse ad aspettarci (si erano ormai perse le speranze di vederci arrivare), che non sapessimo dove andare e che l'unico albergo a portata di mano non avesse previsto il nostro arrivo. Con i bagagli appoggiati a lato del tatami (il dojo l'avevamo raggiunto per caso) iniziammo quindi insonnoliti la lezione del mattino, senza particolari pietismi da parte del maestro che anzi imperversò come e più del solito.
Questo per dire che nutro un grande rispetto ed una grande ammirazione per chi abbia sfidato il mondo allo scopo di far attecchire e prosperare l'aikido in terra di Calabria e Basilicata. Le vicissitudini che noi sperimentavamo una volta ogni tanto, solamente quando azzardavamo una sortita 'nel profondo sud', i praticanti locali le vivevano e continuano a viverle ogni volta che viene organizzato al centro o al nord uno dei maggiori seminari. E mi dispiace molto di non vedere più tra loro degli amici, dei pionieri come i calabresi Vittorio Laiso o Sergio Morena.
Ma... tra i bambini che partecipavano a quei tempi alle lezioni del maestro Hosokawa a Lauria, uno non solo ha continuato la pratica, ma è attualmente responsabile del Dojo di Lauria. Un magnifico dojo, per quanto lo abbia potuto vedere finora solamente in fotografia e nei filmati (ma giorno verrà...). Un dojo tra i migliori, tra i più belli che abbia visto, in ogni parte d'Italia. Dove praticare è sicuramente piacevole, e Fiordineve Cozzi ne sarà giustamente orgoglioso.
Quello che invece non può essere evidente a tutti, me ne rendo però immediatamente conto io, forte dei 5 anni in cui sono stato assistente e sostituto di Hosokawa sensei nel corso bambini del Dojo Centrale di Roma, è che la sua eredità è in mani salde, che sanno quello che fanno. Nei filmati reperibili in rete, ma soprattutto in quelli didattici e nei corsi tenuti da Cozzi per gli insegnanti dell'Aikikai d'Italia, emerge inconfondibile l'impronta della didattica del maestro Hosokawa. Rivedo gli stessi esercizi, inediti per molti, destinati ad accrescere le doti di coordinazione del bambino e presentati allo stesso tempo come un gioco e come un portale di ingresso verso un mondo magico e lontano eppure accessibile, quello della cultura samurai.
Più difficile renderne conto, ma anche l'atmosfera è la stessa. Le lezioni sono rigorosamente strutturate per permettere ai bambini di dare libero sfogo alla loro creatività, pur seguendo un rigoroso percorso formativo. Che non tende però a farne degli strumenti atti a compiere dei compiti preordinati, ma piuttosto a fornire solamente gli strumenti materiali e le motivazioni psicologiche per essere padroni di se stessi, dei loro atti e in definitiva del loro destino.
La maggior parte degli esercizi è specifico, costruito su misura delle esigenze del bambino e non ricalcato su esercizi pensati per gli adulti. Il risultato più evidente è una atmosfera giocosamente costruttiva, dove non appaiono costrizioni, ove non si seguoni rigidi percorsi eppure si mira ad arrivare lontano, e col desiderio evidente negli occhi di proseguire ancora, senza arrestarsi perché il cammino è bello.
Non è nemmeno facile rendere evidente tutto questo in un breve filmato: devo fare i miei complimenti a Fiordineve per essere riuscito anche in questo. Merito del secondo movimento della sesta sinfonia di Beethoven che lo accompagna inizialmente? Finalmente una rilassante alternativa a troppe colonne sonore esagerate. Merito quindi solamente di una attenta e rispettosa regia?
Certamente, ma anche e soprattutto merito di chi ha voluto mostrare il lavoro che si compie quotidianamente dentro al dojo, e non esibirsi o dare spazio per esibizioni altrui.
E, naturalmente, merito di quei bambini che hanno saputo fare al meglio quello che troppo raramente si chiede loro: essere dei bambini.