Maestri
I maestri "scomodi"
Article Index
Molti anni fa una "lezione" del Dojo Centrale di Roma si tenne al cinema... andammo in massa a vedere Kagemusha, uno dei capolavori di Akira Kurosawa. Hosokawa sensei per la verità criticò un po' l'eccessiva spettacolarizzazione della trama ma rimarcò che la scena che ci aveva lasciato più perplessi era quella dove emergeva in modo più palese la tradizione giapponese: la scena ove Oda Nobunaga, informato della morte di Takeda Shingen, estrae il suo ventaglio e canta.
Non perché fosse felice, come stoltamente supponevamo.
Ma in rimpianto del nemico perduto.
Per chiarirci le idee il maestro ci chiese se noi, quasi tutti freschi yudansha, preferissimo praticare con un principiante da usare come volevamo o con uno yudansha più avanti di noi che ci rendesse la vita difficile.
Unanimamente ci rendemmo conto che avevamo bisogno, per crescere, di antagonisti e non di partner acquiescienti.
Tutto questo non per dire che Brunello Esposito, di cui parlerò ora ma soprattutto a titolo di esempio di una categoria di insegnanti non facili ma indispensabili, preziosi, sia stato un nemico.
Ma certamente era una persona con cui era necessario confrontarsi intellettualmente al limite delle proprie possibilità, e con cui arrivare alla concordia non sarebbe mai stato facile.
La si sarebbe trovata solo e non sempre al termine di una "lotta" senza quartiere.
Preludio ad altre tenzoni: necessarie e preziose, volute e ricercate.
I nostri rapporti sono stati variabili dall'assonanza, dal lavoro comune, dai progetti condivisi alla burrasca forza 10 e anche oltre. Ora che non possiamo continuare a cercarci, per concordare ogni volta sulle analisi e litigare sulle soluzioni fino alla definitiva rottura (... fino alla prossima) devo dire quello che penso, Non a lui, che lo sapeva: Brunello ha vissuto tentando di donare amore a chiunque incontrasse.
Che non ci sia riuscito lo sappiamo benissimo. Molti anzi non lo hanno nemmeno sospettato. E' una ragione in più per apprezzare il suo tentativo, l'ambizione a migliorarsi non è mai troppa. E una ragione in più per rimpiangere infinitamente di non poter più "combattere" con lui.
Abbiamo spesso pensato che questa fosse la volta che non saremmo riusciti a separarci in armonia, talvolta addirittura che non valesse la pena di continuare i confronti. Ma alla fine ci siamo sempre, concordemente, ricercati di nuovo, per confrontarci senza quartiere. Siicuramente troppo tardi mi resi conto di come la sua "asprezza" fosse in fin dei conti un atto d'amore verso il prossimo.
Questo ricordo, pubblicato su un social, ha suscitato una discussione che merita di non scomparire nel nulla. Viene riportata più avanti sotto, tralasciando solamente gli inevitabili commenti fuori tema e indicando gli interlocutori con le iniziali. E' sempre bene quando gli esseri umani si confrontano francamente, può sorprendere che i praticanti di aikido trovino invece difficoltà a discutere serenamente dell'arte che dovrebbe avvicinarli, anche in presenza di posizioni e scelte diverse.