Maestri
Giorgio Veneri: il grande Giorgio
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Alcuni lo chiamavano Giorgione, alludendo certamente alla sua statura di 198cm ma anche, senza darlo troppo a vedere per non incorrere negli strali della sua sempre micidiale ironia, alla sua grande statura umana.
Giorgio Veneri, nato a Mantova nel 1937, iniziò il suo percorso nel mondo delle arti marziali nel judo. Cambiò poi improvvisamente percorso in seguito al suo incontro negli anni 60 con Tada Hiroshi sensei, di cui lui stesso ebbe a dire con il suo inimitabile senso della sintesi: «'Sto qua è il mio uomo».
Strappando il tempo al suo impiego di insegnante e al suo impegno sociale fu la colonna portante del dojo Budokai di Mantova e il suo talento organizzativo diede vita nel 1968 al Lido di Venezia al primo raduno internazionale di aikido.
Il primo di una interminabile serie di seminari, perché tutti a prescindere dalla loro impostazione didattica e dalla loro associazione di appartenza ne avrebbero seguito l'esempio.
La nascita dell'Aikikai d'Italia nel 1970 vide un moltiplicarsi del suo impegno dietro le quinte per quanto abbia continuato per molti a essere soltanto l'organizzatore del seminario estivo, che si era nel frattempo trasferito, grazie alle sue conoscenze, presso il Centro Tecnico di Coverciano (Firenze) della Federazione Italiana Gioco Calcio.
Allo stesso tempo ebbe l'intuizione delle potenzialità dell'aikido come strumento di collaborazione, cooperazione e amicizia e fu il rappresentante dell'Italia nella European Aikido Federation, che ebbe però vita travagliata e venne infine sciolta. Nel 1975 vennero gettati i prodromi della più importante International Aikido Federation, sotto il diretto impulso dello Zaidan Hojin Aikikai di Tokyo, e Giorgio Veneri oltre a rappresentarvi degnamente l'Italia ne divenne ben presto l'apprezzato e stimato chairman.
Anche in Italia il suo pensiero e la sua azione non si discostarono da queste linee guida. Fu lui a volere e portare a compimento il primo esperimento di collaborazione tra diverse realtà attive nel mondo dell'aikido, con l'accordo di collaborazione tra l'Aikikai d'Italia e l'Uisp.
Un esempio concreto purtroppo non compreso e non raccolto in seguito, da una parte come dall'altra.
Ed è anche per ragioni come queste che Giorgio Veneri, e persone non diciamo come lui ma che pensino e agiscano come lui, sarebbero tanto importanti al giorno d'oggi.
Nonostante il suo impegno assoluto, prolungato per molti anni, non era pensabile che rinunciasse alle sue consuete chirurgiche e apparentemente impietose analisi dei fatti:
Oltre che instancabile organizzatore e promotore fu ancora di più coscienza critica - a volte considerata scomoda - di tutte le organizzazioni di cui fece parte e in cui ricoprì cariche.
Non si deve pensare per questo che sia passato in subordine il percorso didattico: Veneri fu praticamente il primo a percorrere ogni successivo gradino della progressione tecnica e fu infine il primo italiano a entrare nella Direzione Didattica dell'Aikikai d'Italia.
Meriterebbe un lungo capitolo a parte il suo impegno come insegnante per la diffusione dell'aikido nel mondo.
Si devono a lui, per citare solamente due fra i tanti possibili esempi, l'introduzione e lo sviluppo dell'aikido in Russia e in Sud Africa, due nazioni in cui le condizioni sociali erano quasi diametralmente opposte e altrettanto di conseguenza le necessità operative.
Purtroppo il male che doveva poi portarlo via lo stava già aggredendo, per quanto nulla abbia – volutamente – lasciato trapelare all'esterno. Ci ha dovuto lasciare, ma non soli in quanto il suo insegnamento e il suo esempio saranno ancora con noi, il 31 marzo 2005.
Questo sincero elogio può far pensare a un uomo perfetto: non lo era.
Non lo nascondeva: tendeva anzi piuttosto a mettere in evidenza più i suoi lati urticanti che la sua amabilità di fondo.
Nel vano ma doveroso tentativo di rendere in minima parte lo spessore umano ma anche la sorridente e irriverente bonomia di Giorgio Veneri, che accompagnava il suo irriducible impegno al servizio di una idea e del genere umano tutto, ricorreremo a un aneddoto.
Qualche tempo prima della manifestazione per i primi 30 anni dell'Aikikai d'Italia nell'autunno del 1994, cui poi non partecipai perché mi trovavo in missione in Bolivia, ci fu nell'Aikikai una riunione molto burrascosa, che non lasciava presagire nulla di buono per il dopo e in cui Giorgio Veneri, colonna portante dell'associazione, venne molto criticato - a torto o a ragione - e messo da parte.
Al termine l'atmosfera era sotto la suola delle scarpe...
Giorgio, occupava da solo gran parte della minuscola segreteria dell'Aikikai, imperturbabile. Mentre gli altri ammassati nel poco spazio restante commentavano lugubremente gli eventi, consultava l'elenco del telefono che mi aveva appena chiesto.
Al termine della indagine volle sapere dove rimaneva di preciso Il Pompiere, famoso ristorante al ghetto di cui aveva sentito parlare nonché decantare le virtù e di cui aveva finalmente scovato l'indirizzo.
Fu immediatamente organizzata, e non pochi aderirono, con sprezzo del pericolo e alto senso del dovere, una spedizione punitiva al Pompiere. Che del resto prudentemente aveva chiuso i battenti da anni ("Ma io ve l'avevo detto!" ove si dimostra che i segretari e le Cassandre condividono se non il codice IVA diverse altre prerogative).
Arrivati sul luogo del delitto dovemmo ripiegare mesti e in preda a funesti presagi su Piperno, che sta – è vero - a una sola ventina di metri, accettava però solo prenotazioni fatte anni prima.
Figuriamoci se Giorgio si arrendeva per così poco. Espugnata la fortezza, davanti a dei regali carciofi alla giudìa, non pensammo più alle sconfitte del passato (del resto basta un minuto: ed è già passato...) per pensare a come darci da fare nel futuro. Insomma programmare il caffé nonché l'ammazzacaffé.
E' secondo me una delle più grandi lezioni del'aikido, e va praticata rigorosamente fuori dal tatami. Là sono buoni tutti... o perlomeno così pare.
Sapendo dove andare e con quale filosofia intraprendere la ricerca, là fuori nel mondo ci sono sempre eccellenti carciofi che vi attendono.
Ma ... (soprattutto?) E' necessario guardare sempre avanti: siatene certi, è là che troverete i carciofi o quantaltro. Non alle vostre spalle, che vi siano i ricordi di grandi trionfi o di grandissimi tonfi.
Non prendete di conseguenza cattivo esempio da quel pessimo soggetto di Orfeo, anche se lui non si preoccupava esattamente di carciofi: non volgetevi indietro, non siate assillati dall'idea di controllare se il passato vi segue.
Andate avanti, senza volgervi indietro.
Ed ecco anche perché - secondo me - Giorgio Veneri è stato un grande e irripetibile maestro.
Lui non è ripetibile: ma il suo esempio può e deve essere replicato.
Paolo Bottoni