Kyosaku
La carta dell'impero
Rappresentazione di un vasto impero su di una carta geografica o mappa: il problema fu sollevato da Jorge Luis Borges nell'ormai lontano 1935, in un brano apparso in Storia Universale dell'infamia.
«
In quell'Impero, l'Arte della Cartografia giunse a una tal Perfezione che la Mappa di una sola Provincia occupava tutta una Città, e la mappa dell'impero tutta una Provincia. Col tempo, queste Mappe smisurate non bastarono più. I Collegi dei Cartografi fecero una Mappa dell'Impero che aveva l’Immensità dell'Impero e coincideva perfettamente con esso. Ma le Generazioni Seguenti, meno portate allo Studio della cartografia, pensarono che questa Mappa enorme era inutile e non senza Empietà la abbandonarono all'Inclemenze del Sole e degl'Inverni. Nei deserti dell'Ovest rimangono lacerate Rovine della Mappa, abitate da Animali e Mendichi; in tutto il Paese non c’è altra reliquia delle Discipline Geografiche. (Suárez Miranda, Viajes de varones prudentes, libro IV, cap. XIV, Lérida, 1658.
»
Naturalmente (o vi sto sto dando una brutta notizia che non avevate previsto?) il testo citato non esiste, come forse non sono mai esistiti gentiluomini prudenti, nemmeno a quell'epoca; era un vezzo di Borges di prendere spunto per i suoi paradossi citando improbabili autori di improbabili testi, usciti invece semplicemente dalla sua fantasia. In realtà però si era ispirato a un saggio precedente del filosofo Josiah Royce che teorizzava l'impossibilità di una carta dell'Inghilterra.
Il problema io lo scoprii tuttavia molti anni dopo grazie a Umberto Eco, che colse al balzo l'occasione offertagli da Borges per esaminarlo approfonditamente in un articolo pubblicato sull'Espresso e che ritrovai poi alcuni anni dopo nella sua raccolta Secondo diario minimo (1992). Raccolsi il volumetto in libreria come chi raccoglie l'acqua alla prima oasi dopo aver attraversato il deserto: ero infatti in quegli anni all'inizio di una lunga permanenza all'estero, dove i contatti con la cultura in cui ero nato erano a volta rari, impervi e desiderati come appunto l'acqua nel deserto.
Scriveva a sua volta Eco:
«
1. Ogni mappa uno a uno riproduce il territorio sempre infedelmente.
2. Nel momento in cui realizza la mappa, l’impero diventa irrappresentabile. Si potrebbe osservare che con il corollario secondo l’impero corona i propri sogni più segreti, rendendosi impercepibile agli imperi nemici, ma in forza del corollario primo esso diverrebbe impercepibile anche a se stesso. Occorrerebbe postulare un impero che acquista coscienza di sé in una sorta di appercezione trascendentale del proprio apparato categoriale in azione: ma ciò impone l’esistenza di una mappa dotata di autocoscienza la quale (se mai fosse concepibile) diverrebbe a quel punto l’impero stesso, così che l’impero cederebbe il proprio potere alla mappa.
3. Corollario terzo: ogni mappa uno a uno dell’impero sancisce la fine dell’impero in quanto tale e quindi è mappa di un territorio che non è un impero.
»
Le sue conclusioni erano naturalmente paradossali quanto divertite e divertenti, ma racchiudevano come del resto il brano di Borges da cui era partito, una grande verità: nulla può essere riferito o tramandato ad altri senza una fisiologica dispersione; essa non solo ne impedisce una rappresentazione fedele ma ne rende anche impossibile la piena comprensione.
Qui accanto potete vedere una immagine della Tabula Peutingeriana, conservata alla Biblioteca Nazionale Austriaca di Vienna. Forse la più antica mappa conservata in occidente: È infedele... e proprio per questo è utile allo scopo che avevano in mente gli autori. Il frammento che vedete, fotografato dal vivo, rappresenta l'Italia e Roma, ma difficilmente lo riconoscereste, abituati a tuttaltro genere di rappresentazione.
Era tuttavia pefettamente rispondente allo scopo, ossia quello di dare un utile strumento per orientarsi al viaggiatore di epoca imperiale. Si presume infatti che l'originale risalga ad epoca tardo romana e sia forse ispirato alla mappa dell'Impero curata da Agrippa sul finire del I secolo a.C. per quanto la copia meglio conservata e più conosciuta, questa, sia attribuita al XIII secolo.
Consta di 11 pergamene che sviluppano quasi 7 metri per una altezza di soli 33 cm, quindi proporzioni estremamente diffformi da quelle dell'impero romano che rappresenta e non è priva di incongruenze. La realtà per essere tramandata ha spesso - forse sempre - bisogno di essere riassunta, adattata. Deformata.
Come per esempio le mappe della linea metro che troviamo sopra le porte dei vagoni, che rappresentano come una linea dritta un percorso a volte tortuoso e citano solo sommariamente i luoghi notevoli.
Mi è capitato spesso ultimamente, mi capita ancora, di rifletterci. E' un periodo infatti in cui molti dei miei interlocutori arrivano prima o poi a pormi una domanda a cui non potrei nemmeno volendo dare risposta, nemmeno con la famosa carta in scala uno a uno.
Perché dopo aver dedicato una parte importante delle mie attività e della mia stessa vita a uno scopo, ho deciso di abbandonarlo? Perché non insegno più aikido e ho lasciato l'associazione che ho visto nascere e che ho contribuito a far crescere?
Non è possibile rappresentare fedelmente quanto è successo - o non è successo - nei quarantaquattro anni della mia pratica e del mio insegnamento dell'aikido. Nemmeno impiegando quarantaquattro anni nel resoconto potrei riuscirvi. Di più: la rappresentazione di questo impero esteso nel tempo se non nei luoghi, sfugge anche al suo "padrone". Perché si suppone che il possesso e dominio della propria vita spettino a ogni essere umano, che ne detenga l'impero assoluto.
Non è possibile esaudire le gentili ma fallaci richieste di chi vorrebbe in tempi ragionevoli avere il fedele resoconto e la piena comprensioni di decisioni e azioni maturate e attuate nel corso di anni e anni. Nel tentativo di dare comunque soddisfazione lo stesso espositore si rende conto di non essere in grado di ricostruire tutto, di non poter comprendere appieno lui per primo, e che sarebbe ancora più vano pretendere che possa comprendere chi ha solamente assistito da lontano o addirittura è completamente estraneo e non ha alcun altro elemento di giudizio diretto.
E' certamente possibile citare episodi, specialmente con chi vi ha preso parte attiva, esprimere giudizi, ipotizzare conseguenze. Ma la fedele rappresentazione di una azione umana ben radicata, ben motivata, necessaria e consequente, è altrettanto irrealizzabile che la mappa in scala uno a uno dell'impero; e altrettanto inutile se fosse per assurdo realizzabile.
Cosa rimane allora? Semplicemente testimoniare con la propria condotta di vita la costante trasparenza delle proprie azioni e delle proprie motivazioni. Chiedere di più, credete a me: non serve.
E' grave tutto quanto vi ho svelato? Vi assicuro di no: anche se non ne possediamo la mappa, la realtà non cessa per questo di esistere, né viene in alcun modo sminuita dalla nostra mancata conoscenza, o comprensione
P.B.