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T. Betti Berutto: Da cintura bianca a cintura nera

Da cintura bianca a cintura nera nelle arti marziali

Tommaso Betti Berutto

XXI Edizione, Giugno 2009, GP Edizioni

596 pagine, XVI in appendice

 

Tommaso Betti Berutto è stato uno dei più importanti pionieri nel mondo delle arti marziali in Italia. Iniziò la pratica del judo a Roma intorno al 1925 con Carlo Oletti, e non abbandonò mai l'arte nel corso della sua vita. Ad inizio degli anni 60 la sua notorietà internazionale lo rese protagonista di un episodio che doveva rivelarsi fondamentale nello sviluppo dell'aikido in Italia.

Lo ricorda così (in Aikido, giugno 1980) Danilo Chierchini, insegnante di judo arrivato negli anni 50 al titolo nazionale a squadre, e che fu negli anni 70 direttore del Dojo Centrale dell'Aikikai d'Italia, di cui divenne presidente negli anni 80.

Il telefono squillò a lungo nella notte e mi alzai per andare a rispondere trascinando le pantofole sul pavimento: era il maestro Betti che mi disse a bruciapelo: "Qui da me c'è un giovane giapponese appena arrivato da New York [si trattava dell'allora diciottenne Motokage Kawamukai], vorrebbe fare l'aikido e cerca una palestra. T'interessa? ... Così, alla maniera di certi romanzi gialli iniziò la vicenda dell'aikido in Italia, ai primi del 1964.

Naturalmente Chierchini non parla di inizio in senso assoluto", era al corrente delle precedenti esperienze avute da diversi insegnanti di judo con il maestro Tadashi Abe - che risiedeva in Francia - e dei corsi e raduni organizzati dal maestro Infranzi nella Campania. E nella stessa Roma in cui si svolge "l'azione" sia pure saltuariamente avevano insegnato l'arte il professor Mergé, che era stato allievo diretto di Ueshiba Morihei e poi dal 1957 Haru Onoda, che fu segretaria particolare dello stesso Ueshiba e che si sarebbe poi unita al gruppo Kawamukai - Chierchini. Era l'inizio di uno sviluppo più organizzato ed a livello nazionale, che avrebbe portato l'arte al grado di diffusione attuale.

In questo processo di formazione Betti Berutto sarebbe intervenuto ancora:

Fu in questi frangenti che riapparve il Maestro Betti, questa volta accompagnato dal Maestro Kobayashi arrivato fresco fresco dal Giappone per rendersi conto dello sviluppo dell'Aikido in Europa [in quella occasione il maestro Kobayashi tenne un seminario presso il Dojo dei Monopoli di Stato in Roma, e inoltrò all'Hombu Dojo di Tokyo parere favorevole per l'invio in Italia di un esperto di grande fama: il maestro Hiroshi Tada].

Betti Berutto fu quindi una figura fondamentale nella nascita dell'aikido in Italia, sia per la scuola che poi divenne poi Aikikai sotto la guida del maestro Tada che per quella facente capo al maestro Kobayashi, che attualmente si chiama Buikukai. Negli anni seguenti Betti Berutto, sempre residente a Roma, fu molto vicino soprattutto al nascente Aikikai d'Italia. Non mancava alcun embukai, e spesso faceva capolino nella rudimentale segreteria di allora per ottenere materiale da inserire nell'opera della sua vita: Da cintura bianca a cintura nera appunto, che ha attratto, affascinato ed istruito numerose generazioni di praticanti ed appassionati di arti marziali.

La prima edizione è infatti del 1956, l'ultima che abbiamo ora tra le mani è del 2009 ed è la ventunesima. Scomparso purtroppo da tempo il maestro Betti Berutto, fa piacere constatare che c'è chi ha voluto assumersi l'onere, ma anche l'onore, di continuare a dare vita a questa opera che sembra sfidare il tempo. Purtroppo le numerose riedizioni ne hanno inavvertitamente cancellato la memoria storica. Speriamo che sia possibile recuperarla e che la si possa pubblicare.

Nelle successive edizioni che si avvicendavano negli anni infatti il maestro inseriva il materiale che reperiva nel suo costante peregrinare da una associazione all'altra, aggiornandolo di volta in volta. Nelle edizioni degli anni 50 abbiamo di conseguenza una miniera di informazioni e foto riguardo le società, i praticanti, gli atleti e le competizioni di quegli anni. Materiale probabilmente ormai introvabile altrove, col conseguente rischio di smarrire inesorabilmente la memoria del passato. La stessa cosa si può dire naturalmente  per le edizioni degli anni 60 e 70.

L'opera è esplicitamente dedicata al judo, l'amore che il maestro Betti Berutto ha coltivato sopra ogni altra cosa, ma lasciandosi ampi margini per studiare amorevolmente ogni altra forma di arte marziale e la cultura giapponese in genere. E' per questo un'opera che pur trattando prevalentemente di judo va consigliata senza riserve anche a chiunque si dedichi all'aikido o a qualunque altra disciplina, pur con l'avvertenza che le successive ricerche - che sarebbero state impossibili senza la dedizione e la costanza di Betti Berutto e degli altri pionieri, hanno spesso portato a risultati difformi da quelli raccolti da Betti in epoca ormai abbastanza remota.

Negli anni 80 la frequenza delle riedizioni dell'opera si ridusse fino ad annullarsi del tutto e l'assenza del maestro Betti Berutto agli embukai del Dojo Centrale cominciava a farsi allarmante. Lo feci notare a Chierchini ed al maestro Hosokawa: decisero immediatamente che dovevamo informarci ed eventualmente fare qualcosa. Chierchini venne a sapere che il maestro, già in età avanzata, aveva anche seri problemi alla vista ed era praticamente confinato in casa. Lo andammo a trovare una sera appena terminato l'allenamento: fu immensamente felice della nostra visita, e confessò di sentirsi completamente inutile, abbandonato da tante persone che lo riverivano, ossequiavano e soprattutto cercavano quando era ancora in grado di fare qualcosa per il suo prossimo.

Fu infatti sempre trascinato dal suo amore per l'arte marziale e per chiunque volesse dedicarvisi, impegnandosi per ogni causa e sempre col più completo disinteresse.

Il quel momento fummo anche noi, formalmente degli estranei, tra i pochi che andavano a cercare di lui, che sceglievano di volergli essere vicino. Di fronte al suo dolore sembrava ormai ben poca cosa presentargli il modesto omaggio che gli avevamo portato: l'iscrizione onoraria all'Aikikai d'Italia. Non il tesserino verde rilasciato a tutti gli iscritti, ma il libretto personale blu rilasciato col conseguimento dal 4. kyu, che si conserva per tutta la vita. Mi era infatti giunta voce che si fosse un giorno rammaricato di non avere mai avuto l'onore di essere iscritto all'Aikikai.

Si commosse. Assicurò che era un grande regalo, gradito sopra ogni altra cosa. Volemmo aggiungere sul libretto oltre a quella di Tada sensei anche la  nostra firma: Chierchini, Presidente dell'Associazione, Hosokawa sensei, Vice Direttore Didattico e dojocho del Dojo Centrale, io come Segretario Nazionale. E lo facemmo tutti con trasporto particolare.

Non molto tempo dopo ci giunse la notizia che il maestro era scomparso. Dopo diversi anni ancora un conoscente mi informò che il suo immenso archivio era andato disperso, non trovandosi persone o associazioni che volessero interessarsene. Mi auguro che questo non sia vero, e che la riedizione del suo piccolo grande volume ne sia la prova.

Paolo Bottoni

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