Home

Indice articoli

Se La principessa Mononoke viene considerata da molti l'opera maestra di Miyazaki nel genere jidai, altrettanto si può dire di La città incantata (Il viaggio di Chihiro nel titolo originale) per quello gendai.

Il viaggio di Chihiro, una bambina di circa 10 anni che potremmo definire del tutto normale ed inserita in una famiglia normale, la porta tuttavia in un mondo realisticamente fantastico, in cui convivono molti personaggi e molte situazioni della tradizione giapponese e molti incubi del mondo moderno.

E' imminente una nuova distribuzione in Italia dell'opera, assieme a Mononoke e Si alza il vento, ultimo lavoro - con forti tinte autobiografiche - del maestro Miyazaki, che al termine ha annunciato il suo addio alla direzione.

 

 

 

 

 

Gli interminabili elenchi dei collaboratori che appaiono nei titoli di coda di ogni suo film lasciano però sperare per il futuro. Miyazaki dovrebbe avere ben seminato.

In un sobborgo di Tokyo è stato creato il Ghibli Museum, ove viene esposto molto materiale relativo alla produzione del gruppo di lavoro cui Miyazaki ha voluto dare il nome di un vento del deserto e dove naturalmente si può avere una idea delle possibili evoluzioni future.

Il progetto della serie di edifici è dovuto allo stesso Miyazaki, che ha dichiarato di essersi voluto ispirare alla città rupestre di Calcata, in provincia di VIterbo.

 

 

 

 

Come detto Chihiro è una bambina del tutto normale, che incontriamo annoiata sul sedile posteriore dell'auto di famiglia.

I suoi genitori hanno cambiato casa e stanno raggiungendo la nuova destinazione, ma si perderanno lungo il percorso, entrando in una nuova dimensione fantastica ma allo stesso tempo crudamente realista, che li obbligherà a pagare il conto del condizionamento materialista e disumano loro subdolamente imposto dalla società moderna.

E Miyazaki obbligherà lo spettatore allo stesso percorso.

 

 

 

L'artista, che qui vediamo in un montaggio assieme a due dei suoi più famosi personaggi, Heidi e Lupin, così parlava della sua opera (da Quatre films de Hayao Miyazaki, di Hervé Joubert-Laurencin, Yellow now):

«Questo film si avvicina ad una storia d'avventura, ma senza sventolii di  armi né superpoteri. E anche se si parla di avventure, il soggetto non è il confronto tra il bene ed il male ma piuttosto la storia di una bambina che, gettata in un mondo ove si mescolano brava gente e persone disoneste, si disciplina, si trae d'impaccio e torna per qualche tempo al suo quotidiano. Allo stesso tempo il mondo non viene distrutto, ma questo non è dovuto all'annientamento del male, ma al fatto che Chihiro possiede questa forza vitale.»

Viene forse attribuita a Miyazaki una ideologia che non gli appartiene, quando qualcuno sostiene che la sua opera sia in sintonia con la riforma del sistema educativo giapponese, decisa nel 1997, che intendeva privilegiare la educazione del cuore e sviluppare nei bambini la forza di vivere piuttosto che piantare i semi di una forza lavorativa.

Miyazaki appare più, in ogni sua opera, un eversore che non un esegeta delle istituzioni. Quello che è certo è che Chihiro prima ancora di riscuotere grande successo di pubblico e di critica in occidente ha colpito l'immaginario dei giapponesi. Hanno assistito a questa opera, nel solo Giappone, 23 milioni di spettatori.

 

Cookies