Kenji Mizoguchi fu a lungo il più noto regista giapponese a livello internazionale. Oltre ad altri riconoscimenti, venne premiato per 5 anni di seguito al Festival di Venezia, dal 1952 al 1956. Scomparve purtroppo prematuramente lo stesso anno, a soli 58 anni, e venne in un certo senso sostituito presso pubblico e critica, come portabandiera del cinema giapponese, da Akira Kurosawa. Tra le sue opere meno conosciute I 47 ronin, del 1941.
Questa foto non ha importanza perché vi appaia il vostro disumile servitore, quanto per una serie di ricordi che suscita, non palesati finora e forse di limitato interesse per il lettore; ma tant'è: si sa fin di tempi del re Mida che mantenere per sempre il riserbo è una delle imprese più ardue che possa affrontare un essere umano.
Una pratica samurai d’altri tempi (ma non tanto)
“ ... Dov’è finito lo spirito dei samurai!? ... E’ bene avere così cara la vita da lasciare morire lo spirito? ... Non c’è nessuno tra voi che desideri morire per sbattere il proprio corpo contro quella Costituzione che ha evirato il Giappone? ... Se c’è, che sorga e muoia con noi! Abbiamo intrapreso questa azione spinti dall’ardente desiderio che voi, che avete uno spirito puro, possiate tornare ad essere veri uomini, veri samurai! ...“
(dalle ultime parole di Yukio Mishima, suicida per seppuku il 25 Novembre 1970)
Scritto da Michelangelo Stillante
Sì, questa foto ha rappresentato per molti una svolta nella vita; vederla, innamorarsi di quest'arte, salire sul tatami, accorgersi fin dal primo minuto che su questa bicicletta si pedala, e tanto!
E continuare a pedalare, pedalare. Smettendo inevitabilmente, prima o poi.
Non di pedalare! Ma di chiedersi dove si arriverà: che importa?
Riflettendo su come cominciare per inviare un messaggio che cerchi di essere positivo, e da dove, mi è evidente che sarebbe opportuno evocare un simbolo forte, una idea importante, al di sopra del tempo e delle vicende umane cui pure guarda benevolmente con attenzione, supportandole se e quando correttamente vi si faccia ricorso.
Lo abbiamo.
Alcuni lo chiamavano Giorgione, alludendo certamente alla sua statura di 198cm ma anche, senza darlo troppo a vedere per non incorrere negli strali della sua sempre micidiale ironia, alla sua grande statura umana.
Sumo, lo sport Sacro del Giappone
Museo delle Civiltà di Roma
Dal 4 marzo al 1. aprile 2020
Si tende oggigiorno a considerare automaticamente sport ogni attività competitiva tra esseri umani, specialmente quando seguita da spettatori paganti. Ma la storia del sumo è molto diversa: risalente secondo le leggende a circa 2000 anni fa, fu codificato nell'VIII secolo a uso della corte imperiale, e ne derivò il sumai, lotta rituale praticata a porte chiuse dalla nobiltà.
Sono trascorsi oggi 8 anni dalla scomparsa di Fujimoto sensei. Se è scomparso dal mondo della materia è però sempre presente nelle nostre menti e perfino nel nostro corpo, attraverso quel poco o quel tanto, entrambi hanno la medesima dignità, che siamo riusciti ad assorbire del suo insegnamento.
Il neribô è un attrezzo utilizzabile nella pratica dell'aikido a solo; si tratta di un cilindro di legno di diametro variabile e di lunghezza intorno al mezzo metro, con le estremità smussate per evitare fastidio nel manovrarlo. Simula l'avambraccio dell'uke, ci si può quindi allenare con il neribô per perfezionare principalmente le tecniche di base o gokyo (ikkyo, nikyo, sankyo, yonkyo, gokyo), per mantenerne inalterato il livello di esecuzione, o semplicemente quando se ne abbia il piacere. Il suo uso torna utile soprattutto quando si giudichi insufficiente a raggiungere i propri obiettivi il tempo di allenamento sul tatami, ma anche quando si desideri intensificare lo studio di una tecnica, nikyo per esempio, che è impensabile replicare per decine o addirittura centinaia di volte su un malcapitato uke umano.
1979... Dojo Centrale di Roma. I praticanti sono radunati attorno a Hosokawa sensei e al dojo-cho Danilo Chierchini; casualmente... perché nessuno era stato avvertito della presenza del fotografo a fine lezione, è quindi l'attimo che suggella un giorno come gli altri. Chi c'è c'è... E' una immagine che viene da un passato non recente, ove tutti guardano però avanti, al futuro.